L’Aracnofobia

“ARACNOFOBIA”, come ho finalmente superato la paura..

Tempo di lettura: 14 minuti

A cura di Eleonora G., Letizia Alleruzzo, Jacopo Tagliapietra e Carlo Maria Legittimo

Aracnofobia, le terapie e la psicologia

L’aracnofobia. In oltre 20 anni di presenza online, nei principali forum e nei gruppi di appassionati alla natura, abbiamo incontrato centinaia, forse migliaia, di persone che si definivano “aracnofobiche”. A volte questa “aracnofobia” era solo un timore verso i ragni o gli scorpioni. Altre volte era una paura importante, basata su false credenze o esperienze dai profili annebbiati accadute durante l’infanzia. Altre volte ancora era una repulsione verso tutti quegli animali dotati di zampe articolate, quindi comprendente aracnidi ma anche insetti e millepiedi.
Ci sono quindi tante “aracnofobie” come tante sono le psicologie delle persone. 

Nonostante questo abbiamo notato con entusiasmo che la gran parte erano situazioni risolvibili: le paure che facevano tremare trasformate in tolleranza; la diffidenza trasformata in curiosità e, a volte, in vero interesse.
Il segreto di questa mutazione è solo uno: la conoscenza.
Conoscere ciò che ci spaventa, e quindi conoscere anche se stessi, è il modo migliore per ridurre il condizionamento negativo. 

In questa pagina riporteremo alcune esperienze di nostri amici e soci che hanno superato in vario modo l’aracnofobia. Ognuno con il proprio bagaglio di esperienze e ognuno partendo da livelli diversi, hanno ottenuto risultati eccezionali arrivando ad appassionarsi a ragni e scorpioni. 
Un percorso che chiunque può fare!

L’ESPERIENZA DI ELEONORA

Milano – novembre 2014

La paura dei ragni, normalmente detta aracnofobia, è una delle fobie più comuni e colpisce prevalentemente le donne. Può presentarsi con varia intensità, dal semplice disgusto fino a limitare l’autonomia della persona. Per questo ho deciso di raccontare come sono riuscita ad affrontare la mia fobia.

Ma cos’è veramente una fobia, e perché questa è così comune?

Aracnofobia stato emotivo ansia pauraLa fobia è una paura irrazionale, in gran parte ingiustificata, che porta alla repulsione e al desiderio irrefrenabile di evitare alcune situazioni, oggetti, animali o persone. Solitamente tuttavia, il contenuto psicologico ed emozionale di una fobia è molto più complesso. Spesso è radicato in profondità nella persona e non sempre coincide con l’oggetto stesso della paura. Infatti spesso le “cause” ricoprono solo il ruolo di simbolo, nel quale vengono proiettate le proprie angosce. E’ questo il caso dell‘aracnofobia.

I sintomi possono essere i più disparati, dalla mera ripugnanza a veri e propri attacchi di panico e reazioni prive di lucidità a cui l’individuo non è in grado di sottrarsi volontariamente, sebbene spesso sia in grado di riconoscere l’irrazionalità del proprio comportamento.

Il ragno come emblema di paura sembra avere origini molto antiche, legate a cultura e folklore. Sono queste origini che, nel corso dei secoli, hanno portato ad una visione dell’animale ad otto zampe come creatura potenzialmente pericolosa, quindi da evitare.

La mia esperienza e le mie paure

Personalmente mi sono molto ritrovata nella descrizione di reazioni prive di logica, e come me, tanti amici anche solo leggermente infastiditi dalla presenza di aracnidi e che dicono di soffrire di aracnofobia.

Nella mia esperienza la visione di un ragno, una foto, un disegno o addirittura un giocattolo erano sufficienti a farmi provare una forte sensazione di disagio. Più volte mi è capitato di trovare ragni sulle pareti della camera da letto e, dopo una prima fase di ansia, palpitazioni, battiti accelerati, mancanza di fiato, sopraggiungeva l’ incapacità di ragionare e reagire, fino a non trovare il coraggio di rientrare per le 24-48 ore successive. Allo stesso modo più volte è capitato di trovarne sul cancello o la porta di casa e dover chiedere aiuto per entrare.

Fino a quattro o cinque anni fa inoltre, in primavera, era comune trovare sulle pareti esterne animaletti molto veloci, con otto zampe lunghissime e sottili, probabilmente in realtà molto meno lunghe di quanto mi siano sembrate allora. Tipica in questa paura infatti è anche l’esagerazione nella descrizione di fattezze e dimensioni dell’aracnide, il quale sembra sempre più grande e terrificante di quanto possa essere nella realtà. Incredibile il mio stupore nello scoprire che non si trattava neppure di ragni, ma di loro “cugini” ancora più innocui: gli Opilioni. (qui l’abstract di uno studio su come un aracnofobo non riesca ad essere razionale nel descrivere la grandezza del ragno http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0887618511001447 )

La paura ci mostra le nostre oscure prigioni. È poi il coraggio a portare la luce.” Giovanni Scafoglio

L’impatto dell’Aracnofobia sulla vita

Io sono una persona molto tranquilla e razionale, non ho mai temuto alcun animale, e per questo non sono mai riuscita a farmi una ragione del perché un ragno potesse farmi stare tanto male. Spesso poi, purtroppo, persone estranee e non spaventate tendono a sminuire questo vissuto, deriderlo e sottovalutarlo. In realtà è una condizione che può facilmente arrivare al punto di interferire con le normali attività della vita di una persona, tanto che per me entrare nel capanno degli attrezzi, scendere in cantina, fare un giro nel bosco o dormire in campeggio erano diventate attività impossibili da gestire in autonomia.

Un giorno, prendendo la macchina per tornare a casa, vi ho trovato un ragno. Quel ragno che oggi definirei un inoffensivo Salticidae, allora pareva un ostacolo insormontabile, e come tale mi ha impedito di continuare per la mia strada e di trovare una soluzione logica alla situazione. L’aracnofobia stava impattando troppo sulla mia vita.

Quel giorno ho deciso che sarebbe stata ora di cambiare!

Aracnofobia terapia esposizione gradualePurtroppo non sono mai riuscita ad ottenere risultati da sola e con la sola forza di volontà. Forse perché non avevo nessuno con cui condividere questo problema. Per questa condizione non esiste una terapia farmacologica risolutiva e l’unico approccio utile sembra essere la terapia cognitivo-comportamentale con esposizione graduale (link ad uno studio sull’esposizione graduale, Dr Hauner, 2012: http://www.pnas.org/content/109/23/9203 ).

Si tratta di una psicoterapia volta a portare la persona in condizione di affrontare le proprie paure e i propri problemi (come l’aracnofobia), in maniera graduale, mediante l’identificazione e modificazione dei modi distorti di pensare e delle proprie convinzioni irrazionali. Mi sono quindi rivolta ad uno psicoterapeuta.

Nelle prime sedute si è parlato molto delle sensazioni che provoca la vista di un ragno, di cosa mi abbia spinta a temerli e di come il non sapere, in questi casi, faccia da ulteriore veicolo di ansia e timori infondati. Esortata a comprendere ciò che per anni ho volutamente cercato di tenere fuori dalla mia vita mi sono avvicinata al sito www.aracnofilia.org e successivamente iscritta al forum tematico www.forum.aracnofilia.org

Le prime volte è stato un disastro, vista l’abbondanza di immagini talvolta anche fin troppo dettagliate, poi, andando avanti con la psicoterapia è diventato sempre più sopportabile ed interessante.

Nelle sedute successive ho iniziato a focalizzarmi mentalmente sull’immagine di ciò che mi creava disagio: mi facevano pensare a ragni spaventosi chiedendomi di renderli più piacevoli secondo i miei gusti estetici. Non oso immaginare le facce che farebbero aracnofili e i tassonomisti davanti a fantasie di migali con lunghi e soffici capelli fucsia!. Sono poi passata a riflettere in modo analogo su fotografie di ragnatele, poi di ragni ed infine a vedere e toccare un ragno vero.

Superare l’Aracnofobia si può

Sono passati tre anni da questa esperienza. Mai avrei pensato di poter arrivare ad un risultato tanto straordinario da riuscire a toccare una migale senza più alcuna paura. L’aracnofobia finalmente non ha più un impatto negativo sulla mia vita!

Sono fermamente convinta che chiunque, con la voglia di cambiare ed andare oltre i pregiudizi, possa raggiungere questo obiettivo. Magari anche senza un aiuto esterno ma solo con un pizzico di audacia in più. Spero, leggendo questa esperienza, che anche il più scettico possa dare una seconda opportunità a questo universo interessante e misterioso, e che possa a sua volta diventare fonte e moltiplicatore di una cultura ancora inesistente e non più di falsi miti e leggende.

Ringrazio Carlo e tutti gli altri utenti ed appassionati che mi hanno accolta e, non con poca ironia, mi hanno aiutata nei miei primi strafalcioni e coinvolta in questo microcosmo.

                                                                                                                    Eleonora  

L’ESPERIENZA DI LETIZIA

Aracnofobia - Una cura girando il sassi

Questa è una storia lontana, e anche lunga, tanto lunga che non ricordo l’inizio, ma è una storia che mi ha stravolto e adesso ve la racconto. Come dei flash di un film a pellicola in bianco e nero, rimbalzano nella mia mente due episodi che nella primissima infanzia mi hanno turbato.

Esperienze di bambina

Il primissimo ricordo sfocato è la mia mano che solleva una pietra e scopre uno “sciame” di ragnetti piccoli, zamputi e veloci che in un battibaleno si disperdono nell’ambiente e salgono sulla mia gamba. Sono così veloci e incontrollati che scatenano reazioni a catena attivando tutti i sensi.
Ricordo i brividi lungo la schiena, le farfalle allo stomaco, il martello pneumatico nella gabbia toracica che fa pompare più sangue e lo toglie al cervello, la nebbia davanti agli occhi, il terremoto sussultorio sotto i miei piedi. Non capisco nulla: è il PANICO. La prima reazione è quella di allontanare quei millimetrici mostriciattoli che stanno invadendo il mio corpo, lo stanno violando come una zona franca attaccata dall’artiglieria nemica…posso percepire ogni singola zampa che attacca il mio corpo.

Con le mani scrollo velocemente e in modo scoordinato quell’ invasione, inizio a saltare su me stessa, faccio un balzo in avanti che neanche Fiona May alla finale di Budapest ’98 riuscirebbe ad eguagliare, urlo fortissimo e con tutto il mio fiato lancio l’allarme: “MAMMAAAAAAAAAA AIUTOOOOO”.
La terza guerra mondiale è avvenuta in una frazione di secondo. L’aracnofobia era nata. O si era manifestata per la prima volta.

Fuga

È difficile spiegare le motivazioni che mi portavano a tentare la fuga davanti alla vista di ogni singolo ragno. In realtà non riflettevo neanche sulla loro pericolosità, su un loro potenziale morso o sugli effetti che questo poteva avere sulla mia salute, avevo solo PAURA. Le specie che più di tutte mi toglievano il sonno erano i folcidi. Vivevo in campagna e gli angoli di casa spesso erano abitati da questi esseri con le zampe lunghe, quella sottigliezza me li faceva percepire come delle mini navicelle spaziali dove il corpo rappresentava il centro di controllo alieno e le appendici servivano come estensioni per atterrare sul mio corpo inerme paralizzato dalla paura. L’atavica irrazionalità e le fantasie di una bambina traslate su mostri a 8 zampe avevano generato quella fobia che mi avrebbe accompagnata per ben 36 anni.

A differenza dei ragni le formiche non mi spaventavano. No, le formiche avevano una corsia preferenziale nel mio cuore; se per caso ne trovavo qualcuna quasi annegata sul pelo d’acqua, prontamente con una foglia la facevo salire e la traghettavo verso la terra ferma. Eh già, le formiche mi erano simpatiche, eppure anche loro erano nere, zampute, veloci…

A scuola il confronto con gli altri

Il secondo ricordo riguarda, invece, quello che per tutti dovrebbe rappresentare il più alto esempio formativo ed educativo che si può impartire a dei bambini della scuola primaria: l’avvicinamento alla natura attraverso il gioco.

Avevo 4 anni, mi trovavo assieme ai miei compagnetti in classe quando all’improvviso la maestra si alza dalla cattedra, si avvicina al centro della stanza e tocca quello che era un ragno appena calatosi dal soffitto con la dragline. Ricordo bene il giochino divertente che ci mostrava: lei sfiorava il ragno e lui risaliva sul suo filo di seta per poi nuovamente calarsi come uno yo-yo e così via per svariati secondi. Molti dei miei compagnetti erano incuriositi dal quel misterioso e tanto complicato meccanismo, e tanti di loro si erano avvicinati per poter replicare e giocare.

Io, NO

Ero in ansia, non volevo avvicinarmi, né toccare, né vedere. Nulla di quella scena del terrore mi incuriosiva, anzi speravo che finisse il prima possibile. L’aracnofobia mi bloccava!

Inutile raccontare tutti gli sberleffi che ho subito in 36 anni. Le classiche frasi che si ripetevano ormai come mantra erano: “ma è solo un ragno“, “ha più paura lui di te“, “sei tu il mostro per il ragno”, “non ti può fare nulla”, “ragno porta guadagno”, “sembri una bambina quando vedi un ragno“….e così via.

Credo che non ci sia stato un giorno della mia vita in cui abbia seriamente voluto affrontare il problema per risolverlo. Credevo che il problema facesse parte di me, fosse integrato nel mio DNA come l’esser nata con gli occhi neri o portare il 36 di scarpa. Quella ragazzina gentile con le formiche e isterica davanti ai ragni ero io e nessuno poteva cambiarmi. Mi accettavo così, ma sapevo nella mia intimità che quella fosse una grande limitazione.

E tutto cambia...

Se c’è una cosa che ho imparato nella vita è che non c’è nulla di definitivo. C’è chi si impegna e lavora sui propri limiti cercando di superarli e chi si lascia dominare. Io facevo parte della seconda categoria, ignara che qualcosa di inaspettato sarebbe accaduto.

Il merito, credo, è di Arianna. Mia nipote, curiosa e temeraria, in un pomeriggio come tanti mi chiede di guardare un video sugli animali pericolosi nel mondo. Tra i vari serpenti, scorpioni e ragni esotici all’improvviso parlano del famigerato e temuto “ragno violino”.
Il mio udito si attiva quando sento che è un ragno che vive in Italia nelle case. Accidenti! Non bastava avere paura dei ragni, ma esistono anche ragni pericolosi per l’uomo. 

Letizia supera l'aracnofobia e fotografa Loxosceles rufescens
La foto del racconto. Letizia riesce a fotografare Loxosceles rufescens.

Il caso vuole che dopo qualche giorno, in una sessione di pulizie casalinghe che nemmeno nel programma “malati di pulito” si era mai visto, incappo in 4 ragni sotto la scarpiera nella mia stanza.
La MIA stanza, dove vivevo, dormivo, passavo la maggior parte del mio tempo. Ecco, in quel luogo sacro avevo trovato uno tra i due ragni più pericolosi per l’uomo in Italia (all’epoca dei fatti pericoloso equivaleva a dire mortale, ma più avanti scoprirò che non è proprio così). 

Da lontano si vedeva un ragno grande, color marrone uniforme, vivo e poi altri 3 esemplari più piccoli, morti. Stavolta, a differenza di altre, non urlo, non scappo, non chiamo nessuno. L’unica cosa che voglio fare è capire se quel ragno sia il temuto ragno violino. Armata di scopa e paletta, raccogliendo tutto il coraggio di una vita, blocco il ragno tra le setole della scopa e lo porto fuori. Lascio la presa e in maniera fulminea afferro il cellullare e scatto una foto prima che lo stesso possa dileguarsi in un tombino.

Da aracnofobia a curiosità!

Un primo passo verso la rinascita era stato compiuto in maniera del tutto inconsapevole e naturale: avevo catturato un ragno da sola, avevo controllato le mie reazioni ed ero riuscita anche a immortalarlo in uno “scatto eterno”.

Trionfante come non mai, mostro a tutti i miei familiari l’impresa titanica che avevo appena compiuto, ma non ancora soddisfatta sento l’esigenza di rivolgermi a chi può fornirmi delle informazioni precise e dettagliate sull’esatta identificazione di quell’animale. Così posto la foto su un gruppo social e dopo pochi secondi arriva il verdetto: Loxosceles rufescens!
La scoperta mi aveva fatto sentire come un’Indiana Jones dei poveri. Nessuno poteva sapere quanto quel ritrovamento significasse per me, ma da quel momento in poi niente sarebbe stato come prima.

Ogni sera, prima di andare a letto, mi munivo di torcia, cellulare e iniziava il mio tour di ricerche in casa. Salivo in soffitta, entravo negli sgabuzzini, scendevo nei sottoscala con l’intento di trovare ragni da poter poi pubblicare online. La curiosità aveva preso il sopravvento sulla paura. Qualcosa di straordinario era accaduto!

Daa curiosità a passione!

Letizia a caccia di nuovi ragni
In cerca di nuovi ragni

Mi accorgevo però che in casa trovavo sempre i soliti ragni (Steatoda grossa, Steatoda triangulosa, Scytodes thoracica, Pholcus sp etc.) e questo non mi bastava più. Iniziai così a spostarmi in cortile, e sempre di notte uscivo con torcia e cellulare a cercare nuove specie, trovando così anche Lycosides coarctata, opilioni vari, Zygella sp. etc.

Chissà perché ma ero convinta che i ragni uscissero dalle loro tane di notte per cacciare, ed in parte è vero, ma ciò era fortemente limitante per le mie ricerche. Documentandomi online scopro che i ragni cacciano anche di giorno, si accoppiano, costruiscono tele e quindi inizio ad organizzarmi in delle vere e proprie spedizioni mirate, le “uscite a ragni”. L’obiettivo era sempre lo stesso: conoscere nuove specie, osservarli nel loro ambiente naturale, fotografarli.

Letizia trasforma l'aracnofobia in passione
L’aracnofobia si è trasformata in passione!

Oggi per trovare ragni non ho bisogno di nulla di particolare, mi basta fermarmi davanti ad un cespuglio, un muretto, accovacciarmi per terra, a volte sono loro a trovare me, a volte mi tocca stanarli.
Ironia della sorte, sollevare pietre è diventato il mio più grande passatempo. Proprio quelle famose pietre che da bambina mi avevano tanto terrorizzata.
L’effetto sorpresa è assicurato! Il divertimento anche.

Lety

L’ESPERIENZA DI JACOPO

Il mio nome è Jacopo, ho 22 anni e da sempre porto nel cuore una grande passione per la natura, con una particolare predilezione per l’ambito zoologico.
Negli ultimi tempi ho cominciato a dedicarmi ad una branca specifica della zoologia: l’aracnologia.

Ragni, scorpioni ed altri ordini di aracnidi si sono posizionati al centro dei miei interessi, affascinandomi profondamente e diventando una parte importante della mia vita. L’allevamento, la ricerca e le attività sul campo (seppur trattate umilmente nel mio piccolo) fanno parte di esperienze che oggi vivo sempre con grande entusiasmo.
Avvicinarmi a queste creature, anche grazie al fantastico supporto di Aracnofilia e delle splendide persone che ne fanno parte, mi ha permesso di scoprire un mondo di un fascino alieno indescrivibile, senza metro di paragone… qualcosa di unico e inimitabile, che non smetterà mai di sorprendermi.

Non è stato sempre così però.

Atavica repulsione

Fin da molto piccolo la paura ed il ribrezzo per i ragni mi accompagnavano costantemente. La forma di queste creature, così lontana da ciò che ci è noto e confortevolmente familiare, nella sua stranezza quasi aberrante, mi metteva nella posizione di volerci avere a che fare il meno possibile.

Spesso i ragni vengono ingiustamente demonizzati. Se ne sentono di tutti i colori e li si teme per ignoranza e per il fare affidamento su certi falsi miti e credenze, ma non era questo il mio caso.
Per quanto ne sapessi molto meno di adesso, la mia infarinatura generale mi dava il beneficio di una conoscenza parziale, che escludesse tante assurdità, che altro non fanno se non terrorizzare le persone ed istigare all’uccisione di animali innocui e innocenti.
Ciononostante i ragni mi facevano un certo senso, e la loro vista o peggio ancora il contatto casuale e indesiderato, mi suscitavano frustrazione e disgusto incontrollabili.

Prendere la decisione di affrontare l’aracnofobia

Cos’è cambiato da allora? Semplice, un giorno ho deciso che avrei smesso di guardare da lontano, e avrei scelto invece di incominciare ad osservare da vicino e a toccare con mano. Avrei messo fine a questa mia insensata fobia interfacciandomi direttamente con i soggetti che la alimentavano.

A 16 anni, acquistai la mia prima migale in fiera. Il giorno stesso in cui la portai a casa provai a prenderla in mano (so che non si dovrebbe fare, ma allora quell’atto avrebbe rappresentato per me il superamento di un limite quasi insormontabile)… da lì non ebbi più scampo. L’odio e la repulsione si erano tutt’a un tratto trasformati in amore ed attrazione, due sentimenti che avrei poi coltivato nel tempo.

So per certo che di storie come la mia ve ne sono state e ve ne saranno tante altre.
L’aracnofobia non è qualcosa di incurabile, ma per essere superata andrebbe affrontata alla radice, ricercando la verità e avendo il coraggio di esporsi alla fonte del nostro disagio.
Il consiglio che posso darvi è: “non fuggite sempre dalle vostre paure, analizzatele”.
Ciò che ci spaventa ad un certo qual modo allo stesso tempo ci affascina. Sfruttare il fascino della paura per far scaturire in noi la curiosità e la volontà di conoscerne gli aspetti è a parer mio l’approccio che può portarci ad uscirne vittoriosi. Se sarete capaci di fare questo, posso assicurarvi che assisterete al piacevole stravolgimento di molti preconcetti e alla nascita di un nuovo modo di vedere e vivere le cose.

Capire cosa ci disturba negli aracnidi

Scovare in noi stessi gli aspetti specifici di una fobia può condurci ad inquadrarla correttamente ed aiutarci a scegliere la miglior soluzione per combatterla.
Nel mio caso ad esempio vi erano alcuni caratteri che mi creavano (ed in parte mi creano ancora) maggior disagio rispetto ad altri: zampe lunghissime e sottili; atteggiamenti elusivi o intimidatori legati a movimenti che rendano meno visibile e controllabile l’animale.
Da questa descrizione si deduce che i Folcidi, con le loro zampe filiformi estremamente allungate ed il loro caratteristico atteggiamento difensivo che si esprime in una sorta di “molleggio vibratorio”, non mi stessero per niente simpatici. 

Forse, considerata la loro onnipresenza negli ambienti antropici delle nostre latitudini, è proprio da loro che per me è scaturito il tutto. Un’esperienza traumatica in età infantile che mi vedesse gattonare fino a finire con la faccia in una delle loro tele, per poi ritrovarmi davanti questo strano essere, in qualche modo “complice dell’accaduto”. Un’ipotesi abbastanza plausibile, ma che tuttavia non avrò mai modo di confermare.
I ragni ballerini però non erano i soli a farmi venire i brividi a fior di pelle: opilionidi, ma anche tipulidi o scutigere… insomma, non soltanto ragni o aracnidi.

Ormai ex aracnofobia

Questo fa riflettere sulla mia ex. aracnofobia. Essa si manifestava su alcune caratteristiche presenti, almeno in parte, in molti ragni ed altri aracnidi, e sicuramente più spiccate per certe famiglie in particolare. Altri invece non mi facevano alcun effetto, come gli scorpioni ad esempio, che, seppure “strani”, per me erano già molto più equilibrati nelle forme.

Per compiere il primo passo, capii dunque che avrei dovuto cominciare con un animale che non rientrasse nella massima espressione di tali tratti. Avrei seguito un approccio diretto, ma graduale.

La mia prima migale era abbastanza corpulenta e voluminosa da non urtare eccessivamente la mia sensibilità, e i suoi movimenti, normalmente lenti e tranquilli, mi avrebbero messo sicuramente più a mio agio. Le generose dimensioni inoltre mi diedero la possibilità di cominciare ad osservarne i primi dettagli anche ad occhio nudo. Questa esperienza, unita allo studio della creatura che avevo scelto di adottare, mi diede modo di poterla apprezzare per ciò che era, e che mi resi presto conto, che tutti i ragni rappresentavano da sempre: un miracoloso prodigio della natura degno di lode e ammirazione.

Jacopo

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