Le Migali

Le Migali, grandi ragni appartenenti alla famiglia Theraphosidae, sono tra gli aracnidi più affascinanti e facili da studiare e osservare in cattività.

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A cura di Marta Capuccini e dello Staff di Aracnofilia

Una migale pterinochilus murinus

Theraphosidae – Le migali

Molte persone si avvicinano al mondo dei ragni grazie alla curiosità suscitata dalle vistose e colorate “tarantole”, gli aracnidi di grandi dimensioni spesso allevati da appassionati e studiosi.
Spesso però con il termine “tarantola” vengono indicati erroneamente tutti quei ragni che in realtà appartengono alla famiglia dei Theraphosidae (detti comunemente migali) e possiedono caratteristiche di base che dal Triassico – periodo in cui facevano la loro comparsa i primi Dinosauri – sono giunte intatte fino ai giorni nostri. Parliamo di ragni che abitano in alcune delle zone più impervie della Terra, dalle foreste monsoniche ai deserti africani, e che anche per questo sono particolarmente affascinanti (Verdez, 2001; Foelix, 2011).

Cosa sono le Tarantole ?

Femmina di Lycosa tarantula
Lycosa tarantula, Lycosidae italiano da cui deriva l’appellativo di Tarantole usato per tutti i ragni di grandi dimensioni.

Il termine “tarantola” nasce nella nostra penisola. Sin dal 1400 infatti veniva utilizzato per identificare un ragno dalle dimensioni inusuali e dai cheliceri possenti, diffuso comunemente nel sud Italia e temuto per gli effetti del suo veleno. Non si trattava dunque di un Theraphosidae ma di Lycosa tarantula, ovvero di una specie con un veleno innocuo per l’uomo ma dal morso doloroso che, nei tempi passati, si pensava fosse responsabile di avvelenamenti tra le popolazioni rurali (Pepe et al. 2000).

Pagina del libro metamorphosis insectorum surinamensium
Metamorphosis insectorum Surinamensium (1705) di Maria Sibylla Merian

Gli effetti velenosi del morso, erroneamente attribuiti alla L. tarantula, erano invece provocati dalla piccola e più pericolosa Lactrodectus tredecimguttatus (la malmignatta),anch’essa comune negli stessi ambienti e dotata di un veleno neurotossico molto attivo sull’uomo. E sembra che proprio per contrastare gli effetti di questo tipo di veleno, in un connubio di riti religiosi e usanze locali, nacque la danza rituale utile per far sudare ed espellere le tossine dall’organismo della vittima: la frenetica “Tarantella“.

Non c’è dubbio sul fatto che all’epoca l’assenza di informazioni scientifiche portasse a considerare tutti i ragni, soprattutto i più grossi, molto pericolosi. Questa paura faceva da sfondo anche durante le prime spedizioni per la colonizzazione delle Americhe e gli esploratori che si imbattevano in esemplari mai visti, soprattutto per le loro dimensioni, tendevano a chiamarli genericamente “tarantole giganti”.
Nella bella immagine a lato sono rappresentate due tarantole giganti che (secondo una antica ed erronea credenza) si cibano di uova e di piccoli uccelli. L’illustrazione è inserita nell’opera Metamorphosis insectorum Surinamensium (1705) di Maria Sibylla Merian (1647 – 1717)- naturalista e illustratrice scientifica tedesca – che pubblicò il libro dopo un lungo soggiorno esplorativo fra le foreste del Brasile.
I primi studi del 1700 faticarono a smentire l’associazione fra il nostro “ragno lupo” e i “mostri” di quelle paludi tropicali, ricordandoci quanto non si sia modificato il comportamento dei più nei confronti dei ragni e di ciò che non conosciamo.

Una theraphosa stirmi in natura
Theraphosa stirmi una delle specie più grandi al mondo

Attualmente la tassonomia evidenzia che Lycosa tarantula e le migali sono lontanissimi parenti. Infatti i Lycosidae appartengo al gruppo dei ragni evolutivamente più moderni, gli Araneomorphae; mentre i Theraphosidae sono una famiglia appartenente ai Migalomorphae, ragni arcaici e dai caratteri morfologici più semplici e primitivi. Famiglie quindi molto lontane dal punto di vista evolutivo, ecologico ed etologico.
Il nome comune “migali” viene riferito in virtù all’appartenenza a questo gruppo, anche se curiosamente la famiglia dei Theraphosidae è l’unica la cui caratteristica più eclatante è la grandezza. Ai Migalomorphae appartengono poche specie il cui morso possa definirsi pericoloso per l’uomo e non se ne segnalano nella famiglia dei Theraphosidae.
In ogni caso non sono stati riscontrati decessi dovuti a un loro morso: nella maggior parte dei casi la reazione provocata è prurito momentaneo o gonfiore; inoltre è importante sottolineare che il contatto con questi ragni avviene quasi sempre per la scarsa conoscenza di allevatori amatoriali che sottovalutano l’animale mentre non risultano molti casi di morso in ambiente naturale.
Le migali hanno dimensioni importanti tanto da produrre grosse quantità di veleno rispetto ad altri ragni, per questo motivo le loro tossine sono molto studiate. Ricchissima appare infatti la composizione dei veleni, i quali sono in genere attivi sia sui vertebrati che sugli invertebrati e quindi molto interessanti dal punto di vista della ricerca medica e tecnologia.
Al di là dell’inquadramento tassonomico, sottoposto a continue revisioni, varie sono le caratteristiche peculiari di questa famiglia: le dimensioni, la loro distribuzione geografica, la longevità e tutti i variegati comportamenti e le tante strategie evolutive che si sono affermate con successo anche all’interno dello stesso habitat.

Distribuzione globale

La piccola migale Cyriocosmus elegans
Cyriocosmus elegans la più piccola migale

La distribuzione delle migali è molto vasta: abitano le fasce tropicali e sub tropicali del pianeta sino a spingersi nelle savane del Sud Africa, nel nord della Cina e in Australia.
Vi sono anche due specie nell’area temperata del Mediterraneo: Chaetopelma olivaceum in Grecia, Turchia e Nord Africa, e Ischnocolus valentinus in Spagna e Sicilia; quest’ultimo in particolare è fra i rappresentanti più piccoli dei Theraphosidae (2 cm di corpo nelle femmine). Altre migali di piccole dimensioni si trovano sia in Costa Rica (Sericopelma) che in Venezuela (Cyriocosmus), dove abitano anche le specie più grandi come Theraphosa apophysis T. blondi che sfiorano i 30 cm di apertura zampe.
Sebbene la quasi totalità delle migali abiti ambienti caldi o molto caldi, si conoscono anche due specie note per essersi adattate a temperature insolitamente basse (19°/22°): Peocilotheria subfusca che abita le montagne dello Sri Lanka, e Megaphobema mesomelas originaria della zona di Monteverde del Costa Rica. Quest’ampia distribuzione diventa ancora più interessante alla luce del fatto che i Theraphosidae non si lasciano trasportare dal vento appena nati (fenomeno del ballooning), a differenza di altre famiglie che in questo modo hanno conquistato le zone più remote della terra. Inoltre le migali sono animali tendenzialmente stanziali che raramente si allontanano dalla tana. Dunque è proprio la loro origine antica a giustificare una così vasta distribuzione e l’evoluzione delle diverse linee genetiche iniziata con la separazione continentale della Pangea.

Le migali vivono tendenzialmente di più degli altri ragni grazie al loro lento metabolismo. Le femmine dei generi provenienti dal Sud/Centro America possono sfiorare anche i 30 anni mentre i maschi difficilmente riescono a superare i 6. In Africa e Asia, invece, la vita media si riduce raggiungendo i 12 anni nelle femmine più longeve e i 4 per i maschi.
Le strategie riproduttive non sono univoche: ci sono specie che puntano sulla sopravvivenza di una più alta percentuale possibile di piccoli e producono quindi ovisacchi con migliaia di uova (si pensi a Lasiodora paraybana); mentre altre che ne producono un centinaio ma con nascituri già piuttosto grandi e resistenti (ad esempio Theraphosa blondi).

Alla famiglia dei Theraphosidae appartengono inoltre i Theraphosinae, gli unici ragni al mondo dotati di peli urticanti, che abitano le foreste tropicali del Sud America e la fascia sud degli Stati Uniti (Verdez, 2001; Foelix, 2011). Essi rappresentano un modo efficace per difendersi dai predatori che, avvicinandosi con il muso al ragno, si ritrovano irritati dalle sottili setae che questi lanciano velocemente sfregando le zampe sull’addome o, nel caso di Ephebopus, sui pedipalpi.
Sempre in fatto di tecniche dissuasive, le migali sono note anche per emettere uno stridio, strofinando le zampe o i cheliceri, quando vanno in posa di minaccia (display). Questi organi stridulatori sono presenti in molte specie di ragni ma solitamente emettono un suono non udibile all’uomo date le loro piccolissime dimensioni.

Un’altra caratteristica di questa famiglia è l’eterogeneità nella costruzione delle tane e l’uso della tela.
I generi terricoli/opportunisti scavano molto poco, sfruttano cavità naturali o scavate da piccoli vertebrati e pertanto usano pochissima tela.
Viceversa i deserticoli spesso usano la seta in abbondanza per creare rifugi fra la sabbia e la sterpaglia, così come gli arboricoli creano i loro rifugi tubolari sfruttando le cavità dei tronchi di palme. I generi che vivono sotto terra, invece, foderano di ragnatela sia il tunnel che l’entrata e in questo modo sentono le vibrazioni provocate dall’ingresso delle prede anche dal fondo del cunicolo.

Una moltitudine di adattamenti

femmina di heteroscodra maculata
Heteroscodra maculata una delle più belle migali che si possono trovare in Africa

Nella famiglia dei Theraphosidae si annoverano, in tutti i continenti, diversi adattamenti all’ambiente: avremo quindi migali terricole, arboricole e fossorie. Gli arboricoli Stromatopelma in Africa, Poecilotheria in India, Psalmopoeus Avicularia in sud America, sono tutti ragni dotati di grandi scopule atte ad aderire benissimo alle superfici verticali e sono fra i ragni più agili e veloci malgrado le loro dimensioni; le migali del genere Avicularia ad esempio sono in grado di lanciarsi dall’alto degli alberi per sfuggire ai predatori planando con le zampe aperte per rallentare la caduta.
Questa famiglia vanta inoltre alcuni fra i generi più intraprendenti nello scavare tane alla ricerca dell’umidità: ne è un esempio Pelinobius muticus che, per sfuggire al caldo dei deserti del Kenya, grazie alle zampe posteriori inspessite può costruire tunnel che arrivano fino a 2 metri.
Sempre in fatto di fossori, scavare lunghi cunicoli è tipico anche delle specie indocinesi che si riparano così dalle frequenti e intense piogge monsoniche.

femmina di Pelinobius muticus
Pelinobius muticus grossa migale fossoria dotata di zampe posteriori robustissime

Sono stati poi individuati dei generi che mostrano comportamenti pseudo-comunitari, come le Poecilotheria e la specie Monocentropus balfouri (diffusa) fra Yemen ed Ethiopia.
Riguardo quest’ultima, tuttavia, non ci sono studi scientifici che confermino una vera collaborazione fra gli esemplari nella costruzione delle tane e molti autori ritengono che si tratti solo di una reciproca tolleranza che si interrompe qualora le prede scarseggino.
Mentre è stata segnalata recentemente una “convivenza” curiosa tra una specie non ancora descritta di Pamphobeteus, in Colombia, e una piccola rana, Chiasmocleis ventrimaculata (Crocraft, R. B. & Hambler, K. 1989; Siliwal & Ravichandran, 2008)Il ragno non la attacca presumibilmente per la sua tossicità, mentre lei si ciba dei parassiti attirati dai resti delle prede della grande migale.
Altra curiosità è quella che caratterizza il genere Cerathogyrus (Africa) che è l’unico a possedere un corno sopra la fovea, contenente una piccola parte dello stomaco succhiante. Un’ipotesi sulla sua funzione viene da Rick C. West che identifica il corno come riserva di grasso (West, RC 1986).

Animali da salvaguardare

Lo spettacolare “corno” di Ceratogyrus darlingi
Lo spettacolare “corno” di Ceratogyrus darlingi

A tutta questa varietà qui rapidamente esposta, molto rara da riscontrare in una sola famiglia, corrisponde una notevole varietà di biotipi rappresentati nella gran parte dei casi da ampi areali ma a volte da piccole porzioni di territorio. Negli ultimi decenni il problema della deforestazione e la distruzione degli habitat a favore di grandi opere e coltivazioni ha messo in serio pericolo la sopravvivenza di molte specie di Theraphosidae, non essendo questi animali in grado di compiere lunghi spostamenti e avendo un ritmo riproduttivo generalmente lento (IUCN, 2017).
La Convenzione di Washington (CITES) ha cercato di salvaguardare le specie animali e vegetali minacciate tramite severi regolamenti e controlli ma, per quanto riguarda i Theraphosidae, soltanto pochi rappresentanti sono stati considerati meritevoli di protezione.
Siamo davanti a una famiglia complessa e lontana dall’essere stata classificata in tutte le sue specie e di conseguenza alcune di queste, considerando i loro areali molto circoscritti, sono già state e saranno irrimediabilmente perdute. L’allevatore appassionato e consapevole, prendendo esclusivamente animali riprodotti in cattività dei quali ha ben chiara la provenienza, eviterà di contribuire al mercato degli animali di cattura!

Appassionarsi a questi animali è quindi davvero molto facile: basta pensare a quanti diversi modi hanno di vivere e quanto diverse fra loro siano le specie che si possono osservare.
Inoltre studiare i ragni significa entrare in confidenza con un modo di percepire il mondo che è completamente diverso da quello normalmente usato dai mammiferi. Vedere l’efficacia con cui conducono le loro azioni e manifestano le loro necessità, ci stimola a capire ed ammirare questi pedatori raffinati che arrivano da epoche e luoghi lontanissimi.

Referenze

  • Crocraft, R. B. & Hambler, K.(1989): Observations of a commensal relationship of the microhylid frog Chiasmocleis ventrimaculata and the burrowing theraphosid spider Xenesthis immanis in southeastern Peru. Biotropica 21, 2-8.
  • Foelix R.F. Biology of Spiders (3rd edn). Oxford University Press, 2011
  • IUCN su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2017.1, IUCN, 2017.
  • Pepe R., Fortuna M., Belmonte G.: “Tarante” veleni e guarigioni – Atti del Convegno Interdisciplinare. Lecce, 31 ottobre 2000
  • Siliwal, M. & Ravichandran, B. (2008): Commensalism in microhylid frogs and mygalomorph spiders. Zoos’ Print 23, 13.
  • West, RC (1986): Ceratogyrus. Journal of the British Tarantula Society 1 (4): 79-80.
  • Verdez J.M. & Cléton F. Mygales: Élevage & Découverte. Philippe Gérard Éditions/Bornemann, 2001
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