Il cannibalismo sessuale nei ragni

Tutti conoscono la storia della vedova nera che uccide il maschio dopo l'accoppiamento... Ma è tutto così chiaro? Non proprio!

Tempo di lettura: 20 minuti

A cura di Giuliano Giacobelli

Approfondimento sul cannibalismo sessuale nei ragni

Con questo articolo speciale si vuole offrire al lettore una panoramica sulle problematiche che si nascondono dietro al concetto di cannibalismo sessuale nei ragni. I molteplici aspetti da considerare, le difficoltà sperimentali e la grande varietà di comportamenti che mostrano le oltre 50000 (World Spider Catalog, 2022) specie ad oggi note, rendono questo filone di indagine molto interessante e complesso.

1) INTRODUZIONE

1.1 Definizione di cannibalismo sessuale

Maschio di Thomisus onustus divorato dalla femmina
Fig. 1: Femmina di Thomisus onustus che divora un maschio dopo l’accoppiamento. Foto di Pierluigi Rizzo.

Per cannibalismo sessuale si intende la pratica di divorare un individuo conspecifico di sesso opposto. Generalmente le femmine si nutrono dei maschi e tale pratica è alquanto presente e diffusa, soprattutto nel mondo degli artropodi.
Tuttavia, falsi miti e speculazioni hanno spesso portato ad una visione errata sulle motivazioni e sulla frequenza di tale evento. 

Le mantidi sono un tipico esempio di misinterpretazione del cannibalismo sessuale, poiché, al contrario di come spesso si ritiene, è stato osservato che in realtà la frequenza di tale atto è ridotta in natura ed è limitata ad alcune specie. Il maschio in molti casi cerca di sfuggire alla cattura, mettendo in atto strategie per ridurre le chances di finire decapitati [1]. È stato infatti osservato che in Iris oratoria (Mantodea: Mantidae) i maschi tendono ad assumere posizioni durante la copula che riducono la probabilità di un attacco [2].

Gli individui delle specie a riproduzione sessuale sono sottoposti a forti pressioni evolutive, ovvero cercano di massimizzare le proprie capacità riproduttive [3]. Questo avviene attraverso la selezione di caratteri che permettono di aumentare la quantità o la qualità della propria prole. Una delle strategie maschili per garantirsi un elevato tasso di paternità è quella di assicurarsi il maggior numero di partner possibile prima di morire. Questa strategia non è l’unica e non è messa in atto sempre. Alcune specie, in contrasto con la tattica precedente, hanno sviluppato una monoginia/monandria o una tendenza ad essa, in queste si inseriscono molte specie sessualmente cannibali. Le ricerche sul cannibalismo sessuale si concentrano proprio sull’individuazione di potenziali benefici sia per l’aggressore che per la stessa vittima; questa potrebbe infatti ottenere un trade vantaggioso, pur perdendo la capacità di accoppiarsi in futuro.

1.2 Il cannibalismo sessuale nei ragni

Femmina di Latrodectus mactans da cui origina il nome di vedova nera
Fig:2 Femmina di Latrodectus mactans, la specie americana da cui deriva il termine “vedova nera”. Termine improprio in quanto in natura questi ragni hanno un bassissimo tasso di cannibalismo sessuale.

Dopo le mantidi, i ragni sono forse il taxon più famoso per il cannibalismo sessuale. Addirittura, il fenomeno influisce sul nome comune di uno dei ragni più famosi: la vedova nera (Latrodectus sp.).

Esistono diverse ipotesi sulle motivazioni del cannibalismo sessuale nei ragni, molte delle quali sono in conflitto tra di loro [3], [5], [9]. Spesso ciascuna di queste ipotesi può essere considerata valida per un raggruppamento di ragni piuttosto che per altri. Uno dei limiti fondamentali nello studio del cannibalismo sessuale nei ragni è che apparentemente non sembrerebbe esserci una singola spiegazione del fenomeno; si ritiene infatti che esso abbia avuto diverse origini a seguito di scenari evolutivi diversi [3],[4],[5]. Anche all’interno della stessa famiglia possono esserci dei tassi di cannibalismo sessuale che oscillano dallo 0% a quasi il 100% dei casi (e.g. Theridiidae) [5], mentre in altri casi possono o meno essere presenti degli effetti su alcuni parametri legati alla fitness femminile (e.g. Araneidae Tabella 1).

Wilder e Rypstra [5] evidenziano come il cannibalismo sessuale sia condizionato contemporaneamente da fattori ecologici e filogenetici. Questi esercitano delle pressioni differenti sui vari raggruppamenti di ragni. Le pressioni ecologiche sono quelle esercitate dall’ambiente sulla specie, ad esempio la disponibilità di cibo sia in termini quantitativi che qualitativi: organismi erbivori e carnivori hanno contenuti di nutrienti differenti, ad esempio, il cannibalismo può garantire una preda con un tasso di amminoacidi e altri nutrienti molto simili al predatore. Altro fattore ecologico è la disponibilità di partner ed il rapporto numerico tra i sessi.

Per quanto riguarda i fattori filogenetici, questi sono il raggruppamento di tutte le caratteristiche morfologiche e comportamentali che influiscono durante l’accoppiamento, evolute al fine di massimizzare l’efficacia riproduttiva della specie.

Diagramma dell'influenza di fattori ecologici e filogenetici sulla frequenza cannibalismo sessuale ragni
Fig. 3: Diagramma che rappresenta in maniera generale l’influenza di fattori ecologici e filogenetici sulla frequenza del cannibalismo sessuale (traduzione del grafico originale di Wilder e Rypstra [5])

Tra le caratteristiche morfologiche si trova il dimorfismo sessuale e tutte quelle strutture accessorie che si possono ritrovare nelle varie specie, ad esempio i pedipalpi monouso non ricaricabili di sperma tipici delle specie monogine/bigine. Da un punto di vista comportamentale si può individuare una certa aggressività femminile soprattutto durante i periodi di caccia, mentre il maschio può presentare una serie di comportamenti che possono ridurre (esempio dei bendaggi nunziali) o in altri casi incentivare il cannibalismo (posizione dell’addome in prossimità dei cheliceri di molte specie di Nephila).

Naturalmente c’è sempre una correlazione tra fattori ecologici e filogenetici (Fig.3), così come sono sempre correlate caratteristiche morfologiche e comportamentali. Un esempio di ciò si ritrova nei Tetragnathidae dove i cheliceri di grandi dimensioni dei maschi sono utilizzati per bloccare in posizione aperta i cheliceri femminili durante l’accoppiamento, riducendo le possibilità di venire sopraffatti.

Su tutti gli animali predatori che possono mostrare comportamenti aggressivi durante l’accoppiamento sono imposte delle pressioni evolutive che favoriscono gli individui che hanno sviluppato delle abilità o comportamenti per resistere a tali aggressioni. Nei ragni, dove spesso è presente un dimorfismo sessuale sbilanciato verso la femmina, la maggior parte di queste strategie è basata su pattern comportamentali specifici da parte del maschio.

È questo quello che si intende quando si parla di corteggiamento, un fenomeno basato principalmente sull’astuzia piuttosto che sulla forza. In alcune famiglie di ragni quali Pisauridae, i maschi portano un dono nunziale, ovvero una preda con cui occupare la femmina, al fine di ammansirla ed impegnarla prima di procedere con l’atto sessuale. Un’altra strategia tipica è la preferenza dei maschi ad accoppiarsi con una femmina subito dopo che sia avvenuta la sua ultima muta [22], risultando quindi più vulnerabile e meno mobile.

Esistono casi in cui si parla di accoppiamento coercitivo, ovvero il maschio impone l’accoppiamento attraverso l’intrappolamento della femmina in bendaggi nunziali, e l’inoculazione di dosi di veleno blande al fine di limitarne le capacità motorie. In molti casi del genere, i filamenti di seta non sono davvero in grado di bloccare la femmina, ma fungono piuttosto da trigger comportamentale, ovvero segnalano a quest’ultima che sta interagendo con un maschio che vuole accoppiarsi. È stato dimostrato in Thanatus fabricii che la femmina avrebbe tranquillamente la possibilità di liberarsi qualora lo volesse [23], la stessa cosa vale per molti ragni granchio tra cui Xysticus in cui la femmina è solo apparentemente legata al substrato [16].

2) TEMPISTICHE DEL FENOMENO

È importante specificare che in alcuni raggruppamenti di organismi, il cannibalismo sessuale avviene solo durante il corteggiamento, durante l’accoppiamento o post-accoppiamento, mentre in altri casi è possibile che ci sia un’alternanza delle varie tempistiche.

Nel caso del cannibalismo pre-sessuale (prima del trasferimento di sperma) non ci sono benefici per il maschio in nessun caso, ed è solo la femmina a beneficiare di un pasto extra. Al contrario, se il trasferimento di sperma avviene con successo (cannibalismo post-sessuale) il maschio potrebbe effettivamente ricavare dei vantaggi da un punto di vista riproduttivo [3].

Maschio di Dolomedes tenebrosus che rimane appeso all'epigino della femmina
Fig. 4: Dopo l’accoppiamento il maschio di Dolomedes tenebrosus pende dall’apertura genitale della femmina, rimanendo appeso con il singolo pedipalpo (cerchiato) che ha inserito durante l’accoppiamento. (Da Schwartz, Wagner & Hebets 2013)

In generale si può affermare che il cannibalismo sessuale rappresenti un evento vantaggioso per il maschio se l’effettiva possibilità di fecondare altre compagne sia piuttosto bassa. Questa possibilità dipende da quei fattori che influenzano le chances del maschio di incontrare e fecondare altre femmine. Alcuni esempi di questi sono: la densità della popolazione locale di una specie, il rapporto numerico tra i sessi, la presenza di una forte competizione intraspecifica tra maschi. Il maschio ha poche possibilità di accoppiarsi con altre femmine, ad esempio nel caso in cui il rapporto tra maschi e femmine sia particolarmente sbilanciato verso i primi.

Il cannibalismo post-inseminazione o durante la copula, potrebbe dunque risultare una strategia maschile, ma solo nel caso in cui la prole generata e sopravvissuta in questo modo risulti numericamente superiore rispetto a quella generata e sopravvissuta senza che il maschio cada vittima della femmina e abbia dunque la possibilità di cercare altre partner. Una previsione di tale evento è individuata dal modello matematico di Buskirk [6]. Può capitare infatti che le chances di sopravvivenza della prole di un maschio cannibalizzato siano maggiori rispetto a quella generata senza che il maschio muoia dopo il primo accoppiamento [13].

3) IPOTESI PER SPIEGARE IL FENOMENO

3.1 Teoria dell’investimento paterno

Il cannibalismo post-sessuale sarebbe evolutivamente vantaggioso e facilmente spiegabile a primo impatto con la teoria dell’ ”investimento paterno” (paternal investment and/or mating effort) [7].

Secondo il modello, il maschio ricaverebbe dal suo sacrificio una prole con maggiori chances di sopravvivenza o più numerosa (fondamento su cui si basa questa teoria) e la femmina non avrebbe costi nel predare il maschio, anzi, ricaverebbe sostegno nutritivo ed eliminerebbe un competitore per la sua nicchia. Ad oggi gli esperimenti condotti non hanno potuto confermare la teoria dell’investimento paterno [12], poiché i risultati ottenuti sono incompatibili con alcuni assunti fondamentali. Non sempre un maschio divorato è in grado di garantire maggior successo alla propria prole, in quanto non sempre è in grado di fornire nutrienti tali da incrementare la fecondità della femmina o quantomeno un’altra caratteristica strettamente correlata al successo della prole (e.g. tempo di produzione del bozzolo, tempo schiusa uova).

Come osservabile dalla Tabella 1, solo 2 delle 8 specie cannibalistiche di ragni analizzate mostrano un aumento del successo riproduttivo a seguito di predazione del maschio.
Non è un caso che entrambe le specie, Dolomedes triton e Araneus diadematus [18] la cui prole beneficia del cannibalismo, presentino un dimorfismo sessuale non particolarmente marcato, per cui il maschio risulti un pasto alquanto sostanzioso in relazione alla dieta media di questi organismi.

Tabella degli effetti del cannibalismo sessuale sulla fecondità femminile
Tabella 1: Effetti del cannibalismo sessuale sulla fecondità femminile

Dunque, la teoria dell’investimento paterno risulta fallace da subito per tutte le specie trattate in tabella (tranne le due citate, le quali tuttavia presentano solo una potenziale base di partenza che dovrebbe essere verificata). Per provare quindi a cercare una spiegazione ai dati in tabella sono state formulate ulteriori ipotesi, correlate ad altri possibili vantaggi per il genere femminile. Queste ipotesi individuerebbero l’atto del cannibalismo come una vera e propria predazione, piuttosto che il completamento di un rituale sessuale. Il maschio in questi casi è dunque una vittima collaterale e non risulterebbe essere la prassi la sua morte. Bisogna però distinguere quando e se questa predazione risulti essere una strategia adattativa o indiscriminata. Nel caso di un cannibalismo tipicamente post-accoppiamento si potrebbe parlare di una strategia alimentare adattativa. La femmina riconosce il maschio prima come un compagno e poi eventualmente come una preda. Tuttavia, gli studi in merito di tale questione sono ancora relativamente pochi [8], soprattutto in quelle specie in cui i vantaggi acquisiti dalla femmina non riguardano l’alimentazione. Ad esempio, per molte specie che praticano esclusivamente cannibalismo post-sessuale, come Argiope bruennichi [Argiope bruennichi (Araneidae)], non si rileva nessun miglioramento a livello corporeo anche dopo due o più atti di cannibalismo, a causa delle minuscole dimensioni del maschio. Eppure, il maschio molto spesso muore [8].

Qualche altra ipotesi prevede che il cannibalismo avvenga per eliminare la presenza del maschio dalla tela della femmina in quanto elemento di disturbo, sebbene serviranno ulteriori studi per verificare o meno ciò [3].

3.2 Introduzione al cannibalismo pre-sessuale

Il cannibalismo pre-sessuale è in generale identificato come l’estrema espressione del conflitto sessuale. Avviene se la femmina ottiene vantaggi mostrando un comportamento aggressivo verso il maschio, piuttosto che accoppiandosi con esso oppure se non riconosce il maschio come un partner. D’altra parte, i maschi presentano la continua co-evoluzione di comportamenti atti ad evitare l’aggressività della femmina. Apparentemente, un cannibalismo sessuale pre-accoppiamento non sembra favorevole nemmeno per la femmina, poiché perde un potenziale compagno, rischiando quindi di rimanere infeconda. Dunque, perché il cannibalismo sessuale è ampiamente registrato nelle varie fasi di corteggiamento/accoppiamento e non solo ad inseminazione avvenuta?

3.3 Teoria dell’Aggressive spillover

Il cannibalismo pre-accoppiamento prevede due ipotesi principali.
La teoria dell’aggressive spillover di Arnqvist ed Henriksson [9] prevede che il cannibalismo sia un effetto collaterale della selezione di un comportamento aggressivo ai fini di una migliore nutrizione. Le femmine più aggressive negli stadi giovanili hanno un successo maggiore nella caccia ed hanno più chances di sopravvivere. Questo comportamento sarebbe dunque protratto negli stadi adulti, dove però verrebbe applicato in maniera indiscriminata anche verso i propri potenziali partner.

Tale teoria ha una serie di punti deboli per molte specie; uno di questi è l’implicito postulato per cui le femmine di maggiori dimensioni dovrebbero mostrare maggiori affinità per tale comportamento poiché meglio nutrite sin da giovani, mentre è già stato dimostrato che non sempre è così. Nel caso degli esperimenti di Johnson [10] è stato evidenziato come in Dolomedes triton il fallimento riproduttivo non è influenzato dalla taglia della femmina.

3.4 Teoria del comportamento adattativo

L'incredibile dimorfismo sessuale di Nephila pilipes
Fig. 5: L’incredibile dimorfismo sessuale di Nephila pilipes. I maschi (in alto a destra) di questa stupenda specie australiana possono essere notevolmente più piccoli delle femmine adulte. (Wikipedia Commons Graham Winterflood)

L’altra teoria individua il cannibalismo come un comportamento adattativo, ovvero le femmine sono in grado di valutare la possibilità di uccidere un maschio (e successivamente nutrirsene) piuttosto che di utilizzarlo a scopo riproduttivo.

Questa teoria è molto più duttile, poiché non individua un singolo pattern adattativo (ad esempio una funzione puramente alimentare), ma si estende ad altre valutazioni, come lo stato di salute del potenziale partner, che viene eliminato se non ritenuto adatto. Nei confronti di maschi di piccole dimensioni, le femmine possono mostrare comportamenti aggressivi come una forma di scelta del partner. Infatti, molti studi suggeriscono che il cannibalismo sessuale possa operare come una forma di selezione sessuale e solo successivamente come un pasto extra [4], [19], [20]. Sotto questo punto di vista, l’assalto della femmina al maschio potrebbe essere diretto a testare la sua qualità come partner, mettendo alla prova le sue capacità di sopravvivenza.

È stato dimostrato che in molte famiglie, tra cui i licosidi o i salticidi, i maschi operano un corteggiamento specifico, che comprende stimolazioni tattili, visive o chimiche. Dunque, le femmine potrebbero operare una scelta attaccando e consumando solo i maschi che non rispettano certi criteri comportamentali e qualitativi.

Da un punto di vista etologico non è ben chiaro quanto sia possibile estendere le capacità di giudizio di questi organismi che sono piuttosto semplici da un punto di vista neurologico. Sebbene alcuni esperimenti abbiano mostrato una certa plasticità in alcuni tratti comportamentali dei ragni [16] questo è un campo che necessita ancora un’ampia esplorazione. In effetti, non va esclusa la possibilità di considerare il cannibalismo sessuale come una serie di eventi stereotipati che, osservati nel loro complesso, possono sembrare il risultato di una valutazione da parte dei ragni (indipendentemente dal sesso). Considerando un esempio di Johnson [10]: le femmine di Dolomedes triton tendono a selezionare positivamente i maschi di dimensioni maggiori. Se si considerasse una certa capacità di giudizio della femmina questa frase significherebbe: le femmine di Dolomedes triton preferiscono accoppiarsi con maschi di dimensioni maggiori, attaccando e cannibalizzando soprattutto maschi di piccole dimensioni. Tuttavia, considerando i ragni come organismi che agiscono prevalentemente seguendo comportamenti stereotipati [16] la spiegazione potrebbe essere: le femmine di Dolomedes triton tendono ad agire aggressivamente nei confronti dei maschi, dato che quelli di dimensioni maggiori hanno maggiori possibilità di sopravvivere ad un attacco, essi avranno maggiori possibilità di ritentare il corteggiamento con la stessa o altre femmine.

4) CANNIBALISMO E SELEZIONE SESSUALE

4.1 Selezione sessuale operata dalla femmina attraverso il cannibalismo

In alcune specie, il cannibalismo sessuale può avvenire prima dell’accoppiamento perché il maschio non è stato in grado di farsi identificare come un potenziale partner. Le stimolazioni tattili e chimiche spesso tendono a perdere efficacia con l’avanzare dell’età da parte del maschio o in condizioni di debolezza [11], [16]; perdere una o più zampe, oppure sopperire a carenza nutritive può rendere il maschio incapace di portare avanti un corteggiamento efficiente e dunque cadere vittima della femmina. Casi di cannibalismo sessuale come questi enfatizzano l’importanza del corteggiamento come forma di riconoscimento [12].

Dimorfismo sessuale di maschio e femmina di Latrodectus hesperus
Fig. 6: Maschio e femmina di Latrodectus hesperus, una delle così dette “vedove nere”. I maschi attendono sulla tela della femmina che si mostra piuttosto tollerante, a differenza della sua fama.

Sotto questo punto di vista, il cannibalismo pre-sessuale non sarebbe altro che un meccanismo di selezione sessuale, che differirebbe dagli altri poiché il maschio in questione non potrà essere utilizzato successivamente come partner in condizioni di necessità, come scarsa abbondanza di altri maschi. A primo impatto rimane un meccanismo di conflitto sessuale che presenta maggiori conseguenze per il maschio, poiché il rifiuto ad opera di una partner può avere conseguenze mortali. La femmina riceve in ogni caso un pasto extra, ragion per cui ottiene comunque un vantaggio dal rifiuto di un partner che le specie non cannibalistiche non ottengono. Schneider [12] fa notare come il fenomeno sia in realtà meno estremo di quanto ritenuto, poiché anche in assenza di cannibalismo sessuale, una certa percentuale di maschi fallirebbe nel trovare e fecondare efficacemente un partner al termine della stagione riproduttiva.

Ad oggi non è stato dimostrato sperimentalmente che la prevenzione del successo riproduttivo maschile a causa del cannibalismo sessuale abbia maggiore incidenza rispetto, ad esempio, a dei semplici rifiuti. È dunque probabile che sia scorretto ritenere il cannibalismo sessuale come una forma estrema del conflitto sessuale, quantomeno prima di averne testato l’effettiva incidenza rispetto a metodi che ai nostri occhi appaiono meno drastici.

4.2 Sviluppo della mate choice maschile in risposta al cannibalismo

In certi casi, la pressione evolutiva a cui sono sottoposti i maschi ha portato allo sviluppo della scelta maschile (mate choice). I maschi sarebbero in grado di operare una scelta valutando quelle che sono le condizioni della femmina in termini di dimensioni corporee, stato nutrizionale e di determinare se sia vergine o se abbia già avuto altri rapporti. Queste caratteristiche influenzano l’inclinazione della femmina ad attaccare il maschio. Una femmina affamata sarà più propensa a valutare il maschio come una preda [13], la stessa cosa vale per una femmina che si è già assicurata un quantitativo di sperma sufficiente e dunque ha maggiore libertà di valutare un maschio come un pasto o come ulteriore varietà genetica per la sua prole [13].

La scelta maschile può operare solo in determinate condizioni. Barry e Kokko [14] hanno mostrato come anche sotto il pericolo del cannibalismo sessuale, i maschi non operano a grandi linee una selezione, se posti in condizioni di accoppiamento sufficientemente limitanti (e.g. basse chances di incontro con le femmine). Questo perché rifiutare una potenziale partner porterebbe ad un elevato rischio di rimanere disaccoppiato al termine del ciclo vitale.

È curiosa la strategia optata in situazioni del genere da alcune specie; il maschio di Argiope bruennichi, una specie le cui femmine sono altamente cannibali, è tipicamente bigino (può accoppiarsi massimo due volte), il primo accoppiamento avviene senza operare una scelta, dunque anche con una femmina di bassa qualità o genealogicamente affine. Tuttavia, il primo accoppiamento è molto breve e riduce le chances di essere cannibalizzato se la femmina non è ritenuta di alta qualità [21] (generalmente più è duratura l’inserzione palpale, più aumenta il tasso di cannibalismo). Dunque, il maschio ha grandi chances di sopravvivere ad un primo accoppiamento, assicurandosi una paternità e potendo ricercare una femmina da lui ritenuta migliore per garantirsi una prole di maggiore qualità.

4.3 Cannibalismo sessuale come meccanismo di controllo della durata dell’accoppiamento

Come già anticipato, i maschi possono operare una scelta riguardo alla femmina con cui accoppiarsi, ma soprattutto riguardo a quanto far durare l’accoppiamento. La durata dell’accoppiamento è cruciale perché strettamente correlata col quantitativo di sperma erogato dal maschio e con le possibilità che avvenga un atto di cannibalismo. Inoltre, un’inserzione palpale prolungata permette di ridurre in molte specie la propensità delle femmine ad accoppiarsi successivamente [12].

Accoppiamento tra maschio e femmina di Nephila edulis
Fig. 7: Accoppiamento di Nephila edulis. Il piccolissimo maschio inserisce il palpo nell’epigino femminile per fecondare la femmina. (Creative Commons Jean and Fred Hort)

Le femmine che sono poste in condizioni di densità maschile non limitanti tendono a beneficiare dalla diversità genetica, dunque è favorita la poliandria (accoppiamento con più maschi), o comunque ricavano vantaggi dall’operare una selezione sessuale maggiormente restrittiva verso quei maschi che presentano tratti di debolezza. Generalmente queste condizioni sono molto difficili da ritrovare in natura e le femmine sono sottoposte costantemente al rischio di rimanere infeconde, dunque, spesso operano una minore selettività nel caso di un primo accoppiamento, ma talvolta cercano di limitarlo attraverso dei metodi di controllo della durata, per evitare che il maschio monopolizzi buona parte delle uova. Le femmine sono infatti più propense a cannibalizzare durante l’accoppiamento il maschio se questo mostra dei segni di debolezza o non attua un corteggiamento ad hoc [12], dunque, le femmine poliandre, attraverso il cannibalismo sessuale come controllo della durata del primo accoppiamento sono in grado di ridurre la paternità potenziale di un maschio.

Il dimorfismo sessuale in Argiope bruennichi con maschio molto piccolo rispetto alla femmina
Fig. 8: Anche in Argiope bruennichi i maschi sono estremamente piccoli rispetto alle femmine. (CC
Gregoire Dubois)

Apparentemente potrebbero esserci dei segni di ambiguità, poiché il fenomeno è descritto come un metodo di controllo sulla durata dell’accoppiamento potenzialmente da entrambi i sessi. Tuttavia, bisogna ricordare che il fenomeno è derivato da molteplici scenari evolutivi diversi che hanno portato a strategie legate al cannibalismo sessuale che sono diverse da specie a specie. In alcuni casi, sono principalmente i maschi ad operare un controllo sulla durata dell’accoppiamento, è il caso di Argiope lobata o alcune specie del genere Latrodectus, in particolare, nella prima specie i maschi stimolano il cannibalismo sessuale per prolungare la copula [12]. Per rimanere nello stesso genere, una selezione contraria è operata dalle femmine di Argiope bruennichi, che invece cannibalizzano i maschi ritenuti di bassa qualità poco dopo l’inserzione palpale, e garantendo invece più tempo ai maschi che hanno portato avanti un corteggiamento lungo ed efficace [15]. In questo modo tengono sotto controllo il tasso di paternità per ogni maschio, ma assicurandosi di non rimanere infeconde.

Secondo Schneider [12], forse il fenomeno del controllo sulla durata del corteggiamento attraverso il cannibalismo sessuale potrebbe essersi evoluto inizialmente nelle femmine per terminare la copula in un qualsiasi momento, ma che sia stato sfruttato successivamente dai maschi di alcune specie per prolungare l’accoppiamento. In particolare, questa osservazione deriva dallo studio di quei ragni che sacrificano parte del loro organo riproduttore sessuale per la creazione di “tappi” biologici per l’apparato riproduttore femminile, e che dunque diventano praticamente eunuchi, senza possibilità di accoppiarsi in futuro [16],[12]. Questi ragni, come ad esempio molti esponenti del genere Nephila, sono dunque monogini o bigini e investono tutte le loro energie e il loro sperma in un singolo accoppiamento, cercando di fecondare il maggior quantitativo possibile di uova.

5) CONSIDERAZIONI GENERALI RIGUARDO GLI ESPERIMENTI SUL CANNIBALISMO SESSUALE

Gli studi riguardo il cannibalismo sessuale nei ragni sono principalmente rivolti a tre aspetti fondamentali:

  • Effetti sul bilancio nutrizionale
  • Importanza del rapporto di taglia tra maschio e femmina (dimorfismo sessuale)
  • Possibile individuazione di sindromi comportamentali (e.g. aggressive spillover; adaptive foraging strategy)

Per quanto riguarda le possibilità di compiere esperimenti per studiare il fenomeno, questi non sempre risultano efficaci, in quanto è stato osservato che il comportamento animale può variare in base alle condizioni di cattività e quelle naturali, dunque, studiare questo evento in laboratorio potrebbe risultare fuorviante.

Jackson [17] propose che il tasso di cannibalismo sessuale tra i ragni in natura potrebbe essere effettivamente differente e non così alto, rispetto a quello ottenuto in esperimenti di laboratorio. Per verificare una qualsiasi teoria bisogna considerare numerose variabili, tra cui: lo stato di salute delle femmine, le condizioni in cui avviene lo studio, possibilità di fuga per il maschio a seguito dell’accoppiamento (fenomeno che riduce il costo della femmina nel predare il maschio dopo l’accoppiamento).

Altro fattore che influisce è la ridotta frequenza degli incontri con individui maschili, che ridurrebbe o addirittura annullerebbe la possibilità di scelta del partner, poiché altrimenti ella rischierebbe di rimanere infeconda (vale anche per il maschio tale scelta) [13], [17].

Infine, altra motivazione è data dalle abitudini alimentari che potrebbero differire in laboratorio. Ad esempio, molti studi sulla relazione tra fame e cannibalismo sessuale condotti in laboratorio prevedono un breve periodo di digiuno per le femmine limitato ad una settimana. Alcuni dati ricavati successivamente sui licosidi hanno mostrato come gli esemplari raccolti sul campo abbiano condizioni corporee simili ad esemplari in cattività che hanno subito tre mesi di digiuno [5].

6) CONSIDERAZIONI FINALI E CONCLUSIONE

Le femmine di specie predatrici come ragni o mantidi hanno il potenziale di uccidere facilmente un maschio, il quale molto spesso risulta più piccolo. In questo modo, guadagnano un pasto che più o meno è in grado di influenzare le proprie condizioni corporee, in base a quelle che sono le proporzioni del maschio in funzione delle prede tipiche o se è in grado di fornire dei nutrienti particolari. Dunque, nei maschi ha operato e continua operare una costante contro-selezione di caratteri che permettono di ridurre il rischio di essere uccisi quantomeno prima dell’accoppiamento. Bisogna considerare che una parte dei maschi uccisi ha subito questo destino perché non è stato in grado di trasmettere i giusti stimoli alla femmina, perché in condizioni corporee scadenti o semplicemente perché ha incontrato una potenziale partner nel momento sbagliato, ad esempio durante la caccia.

Il cannibalismo sessuale può essere spesso considerato come un meccanismo di controllo sull’accoppiamento, che diventa espressione del conflitto sessuale se si considera che tra il maschio e la femmina spesso gli interessi non collimano. A primo impatto, sembra che sia la femmina ad avere la dominanza sul fenomeno, poiché lei sopravvive ed il maschio muore, ma senza conoscere quelle che sono le strategie sessuali per ambo i sessi nelle varie specie, è impossibile dedurre quale dei due sessi sia in controllo. Nel caso di specie con maschi tipicamente monogini o bigini, questi sono adattati per investire il massimo delle proprie risorse, in termini di sperma, con una/due femmine; questi maschi, sono soliti subire dei danni irreversibili agli organi genitali secondari dopo l’inserzione palpale, per cui possono sacrificarsi alla femmina per prolungare l’accoppiamento e garantirsi una maggiore percentuale di uova fecondate. Dunque, accettando, o addirittura in certi casi stimolando il cannibalismo sessuale, anche il maschio può ricevere dei benefici in termini di fitness riproduttiva.

È altrettanto difficile definire in maniera completa il fenomeno. La frase con cui spesso è definito il cannibalismo sessuale femminile: “il fenomeno per cui la femmina si nutre del maschio” è effettivamente vera, ma misinterpreta la funzionalità del cannibalismo. La femmina ricava benefici uccidendo per una qualsiasi ragione il maschio, e ricavarne nutrimento è solo una delle possibili ragioni. La definizione più corretta sarebbe dunque “la femmina uccide il maschio” perché effettivamente è quello che avviene senza che ci siano troppe ambiguità. È la definizione più generica possibile e non da praticamente nessuna informazione su ciò che avviene ma è valida per tutti i casi di cannibalismo vero e proprio. “Il maschio si lascia uccidere dalla femmina”è invece una definizione che si adatta a quei casi in cui il maschio è monogino/bigino e la sua morte probabilmente gli fornisce un vantaggio riproduttivo.

Generalizzare un modello valido per tutti gli Araneae è pressoché impossibile, poiché i risultati forniti nel corso dei vari esperimenti sono estremamente variegati. Questo perché all’interno del taxon esistono differenti interazioni, modelli comportamentali ed ecologici completamente differenti, in parole semplici…troppe variabili per sviluppare una teoria che le includa tutte al suo interno. Un primo esempio è il dimorfismo sessuale, fenomeno piuttosto variegato tra le varie famiglie di Araneae, in grado di influire su due parametri fondamentali: tasso di vulnerabilità del maschio rispetto alla femmina e valore nutritivo del maschio (sempre da calcolare in funzione della media delle prede della specie). Se il maschio non è considerabile una preda sostanziosa, se il suo consumo non aumenta una serie di parametri fisiologici o ha ripercussioni positive sulla fitness, è difficile poter individuare il cannibalismo come una strategia alimentare adattativa. Al contrario, i risultati di molti esperimenti sul campo porterebbero proprio a tale conclusione per molti altri esponenti dell’ordine, i quali tuttavia individuano nel maschio un pasto piuttosto sostanzioso. Dunque, è quanto più variegato il significato evolutivo e quindi funzionale del cannibalismo, poiché in base ai dati raccolti, si delineano spesso sfaccettature e significati molto differenti tra di loro. Naturalmente, anche la sua diffusione in taxa talvolta filogeneticamente distinti tra loro suggerirebbe l’evoluzione indipendente di tale carattere più e più volte, sebbene la sua distribuzione risulti comunque concentrata all’interno di essi.
Saranno sicuramente necessari ulteriori studi per comprendere la vera natura del cannibalismo sessuale anzitutto come forma di selezione sessuale e successivamente come comportamento a scopo alimentare o derivato da sindromi comportamentali [12].

REFERENZE

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  3. Elgar MA, Schneider JM. 2004. Evolutionary significance of sexual cannibalism. In Advances in the study of behavior (ed. Slater JB, et al.), Vol. 34, pp. 135–163. Academic, San Diego
  4. Prenter J, MacNeil C, Elwood RW. 2006. Sexual cannibalism and mate choice. Anim Behav 71: 481–490.
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