Gli Scorpioni

Chi sono gli scorpioni? Scopriamo dove vivono, come si riproducono e quanto è pericoloso il loro veleno.

Tempo di lettura: 23 minuti

A cura di Gabriele Greco, Carlo Maria Legittimo e Matteo Gozzini

Scorpione fluorescente opisthacanthus asper

INTRODUZIONE

fossili scorpioni antichi 400 milioni di anni fa
Fig. 1 – A sinistra: Eramoscorpius brucensis, 430 milioni di anni, tra le più antiche testimonianze di animale con adattamenti alla vita sulla terraferma. A destra: Protoischnurus axelrodorum, 113 milioni di anni, esemplare con un’anatomia già del tutto simile agli scorpioni odierni.

Dotati di chele, corazze e pungiglioni, gli scorpioni hanno sempre suscitato emozioni più o meno forti nelle persone che vi sono entrate in contatto. L’ordine degli scorpioni fa parte della classe aracnidi e conta meno specie (circa 2600) rispetto ai ragni (circa 49000) e agli acari (più di 50000).

Gli scorpioni sono considerati tra i primi animali complessi ad essere usciti dall’ambiente marino per colonizzare la terraferma. Ad esempio, Dolichophonus loudonensis risale al periodo Siluriano, oltre 430 milioni di anni fa, ed è il fossile di aracnide più antico ad oggi conosciuto (Figura 1). Da allora, questi sofisticati “fossili viventi” hanno saputo espandersi sull’intero pianeta, colonizzando quasi tutti gli habitat della fascia tropicale e temperata. Quest’espansione dimostra le notevoli capacità adattative che permettono loro di vivere in ambienti estremi, ad altitudini superiori ai 5500 metri o in grotte profonde 800 metri. Sono tra i principali abitanti degli ambienti desertici, dove le temperature che oscillano tra i 47 °C e i -12 °C, l’aridità e l’irraggiamento solare rendono la sopravvivenza molto difficile.

Gli scorpioni e la fama dell’animale velenoso

Sebbene siano dotati di veleno, la pericolosità degli scorpioni viene spesso esagerata. Infatti, si tratta di animali schivi e per niente aggressivi, la cui maggior parte delle specie non ha un veleno pericoloso per l’uomo. Di fatto, solo poche specie hanno un veleno di rilevanza medica, che possono però risultare un problema non trascurabile in paesi in cui il sistema sanitario è debole.

La diffusione, l’abbondanza in alcuni habitat e il veleno rendono questi organismi importanti a livello ecologico e molto studiati a livello tossicologico. Non vi è da stupirsi, dunque, che biologi e appassionati siano particolarmente affascinati dagli scorpioni.  

Morfologia e fluorescenza degli scorpioni

Sicuramente tra gli aspetti più peculiari di quest’ordine c’è la morfologia, relativamente costante nelle diverse famiglie. Gli scorpioni sono infatti dotati di chele possenti e pungiglione, che li rendono facilmente distinguibili da tutti gli altri ordini di aracnidi. Le dimensioni possono variare da circa un centimetro (ad esempio i generi Typhlocahctas, Femtobuthus, Microbuthus, Microtityus) sino a superare i 20 cm e alcune decine di grammi di peso (es. generi Pandinus, Gigantometrus, Hadogenes). Il loro ciclo di vita dura diversi anni, con alcune specie che possono superare i 20, il che li pone tra gli invertebrati terrestri più longevi.

Fluorescenza degli scorpioni esemplare illuminato da luce uv
Fig. 2 – Paravaejovis spinigerus, scorpione nordamericano illuminato da luce ultravioletta che mostra la caratteristica fluorescenza. Questo fenomeno rende più semplice il lavoro di ricerca sul campo nelle ore notturne.

Oltre all’interesse scientifico, gli scorpioni sono molto presenti nel folklore e nella cultura di massa. Inoltre, la loro presenza si riscontra in moltissimi ambiti culturali, dall’antica medicina cinese alla Bibbia. Dunque, gli scorpioni hanno preso parte alla scena iconografica per millenni, come simbolo di forza e potenza, del male o sessuale in alcune culture induiste.  

Infine, è facile rimanere impressionati da uno scorpione che improvvisamente assume la colorazione azzurra se illuminato da una fonte a raggi UV (Figura 2). Sono infatti animali fluorescenti, caratteristica che ancora non ha trovato una spiegazione evolutiva.

ANATOMIA

Cefalotorace e addome degli scorpioni

Come in tutti gli aracnidi, il corpo degli scorpioni è diviso in due parti, il cefalotorace e l’addome (Figura 3).

anatomia esterna degli scorpioni
Fig. 3 – Anatomia generale degli scorpioni. Disegni di Matteo Gozzini.

Il primo, conosciuto anche come prosoma (Figura 4), porta dorsalmente il carapace con un paio di occhi mediani e 2-5 paia di occhi laterali, assenti in alcune specie adattate alla vita sotterranea. L’addome, o opistosoma, è suddiviso in due parti: il mesosoma (o pre-addome), piuttosto appiattito e largo, e il metasoma (o post-addome), che viene impropriamente chiamato “coda” ma che è a tutti gli effetti il prolungamento dell’addome (Figura 5). Infatti, esso contiene al suo interno parte del sistema digerente, del sistema nervoso e termina con l’ano.

È presente un segmento post-anale, chiamato telson, che consiste in una parte bulbosa (contenente le ghiandole velenifere) e in un pungiglione arcuato (Figura 6). Il cefalotorace presenta 6 paia di appendici. Il primo paio sono i cheliceri, composti da 3 segmenti disposti a formare una piccola chela mobile, che viene utilizzata principalmente per nutrirsi. Il secondo paio di appendici sono i vistosi pedipalpi, composti da sei segmenti, denominati dal più prossimale coxa, trocantere, femore, patella, tibia e tarso. Questi ultimi formano le caratteristiche chele, che hanno principalmente funzione raptatoria (cattura della preda) e difensiva. Portano inoltre numerosi organi sensoriali e vengono spesso usati anche come organi di scavo e di difesa.

Seguono quattro paia di zampe, anch’esse segmentate in coxa, trocantere, femore, patella, tibia, basitarso, tarso e apotele, dotato di due uncini.

Ventralmente, le coxae dei pedipalpi e delle prime due paia di zampe, insieme a due prolungamenti chiamati coxapofisi formano il canale boccale (stomotheca), posteriormente al quale si trova la bocca vera e propria. Lo sterno si trova tra le coxae del terzo e quarto paio di zampe, e può essere di forma triangolare, pentagonale, o più o meno schiacciato “a barra”. Lo sterno è un importante carattere tassonomico a livello di famiglia. Il ri-arrangiamento e la forma delle coxae, delle coxapofisi e dello sterno è una delle caratteristiche più importanti che differenzia gli scorpioni moderni dalle forme ancestrali, considerate acquatiche o anfibie.

Il mesosoma e metasoma degli scorpioni

Il mesosoma consiste di sette segmenti visibili, ognuno dei quali dorsalmente è coperto da una placca sclerotizzata (rigida) detta tergite. Le superfici sclerotizzate ventrali, che vanno dal terzo al settimo segmento, vengono chiamate sterniti. Ventralmente il primo segmento addominale porta le appendici trasformate in opercoli genitali, piccole placche, a volte fuse, che coprono la fessura genitale (gonoporo).

Pettini ventrali che negli scorpioni hanno funzione di recettori chimici
Fig. 7 – I pettini, posti ventralmente nell’addome degli scorpioni, hanno funzionalità sensoriale e sono degli organi molto sensibili sia agli stimoli meccanici che ai segnali chimici. ( estratto da https://doi.org/10.1101/2020.06.17.156612)

Seguono i pettini (Figura 7), appendici modificate in organi di senso meccanici e chimici caratteristici degli scorpioni, composti da numerosi piccoli lobi disposti in fila, da cui il nome.

Gli sterniti dei successivi 4 segmenti addominali hanno ognuno un paio di stigmi (o spiracoli), che sono le aperture esterne dei polmoni a libro. Il settimo segmento del mesosoma non presenta appendici.

Tutti i segmenti sclerotizzati del preaddome sono connessi da membrane flessibili chiamate pleure, che permettono i cambiamenti di volume e la tipica mobilità dell’addome di questi animali.

Il metasoma, o postaddome, è la tipica “coda” degli scorpioni. È composto da cinque segmenti in cui tergite e sternite sono fusi in un’unica struttura rigida a forma di anello. Questi sono articolati tra loro in maniera molto mobile, e permettono all’animale di ripiegare il postaddome dorsalmente, fino a superare la parte frontale dell’animale. Alla fine del quinto segmento c’è l’ano, seguito dal telson, suddiviso in una vescicola a bulbo con le ghiandole velenifere, e un pungiglione cavo per iniettare il veleno.

La cuticola degli scorpioni

La cuticola che ricopre l’animale, composta principalmente da chitina, è suddivisa in più strati, ed è una delle caratteristiche alla base del successo di questi animali. Si tratta, infatti, di una vera e propria corazza che non solo li difende da attacchi di predatori e parassiti, ma è fondamentale anche per limitare la traspirazione dei liquidi corporei. Quest’ultimo è un aspetto cruciale che permette ad alcune specie di sopravvivere negli ambienti più aridi del pianeta.

Confronto tra illuminazione con luce bianca e con luce UV negli scorpioni
Fig. 8 – Opisthacanthus illuminato prima con luce bianca e poi con luce ultravioletta.

La cuticola degli scorpioni ha inoltre la caratteristica di essere fluorescente; se illuminati con luce ultravioletta (di lunghezza d’onda compresa tra i 360 e i 495 nm), gli scorpioni emettono luce visibile di colore blu/verde brillante. Solo il pungiglione, gli occhi, alcune strutture cuticolari come spine e creste non si illuminano, come anche esemplari appena nati o freschi di muta. Il fenomeno è causato da diverse sostanze (tra cui beta-carboline e 7-hydroxyl-4-methylcoumarin, ma anche altri composti non ancora ben caratterizzati) contenute nello strato più esterno della cuticola.

La fluorescenza degli scorpioni è comune a tutte le famiglie e permane anche nelle esuvie (le cuticole che vengono abbandonate durante il processo di ecdisi). Sebbene la fluorescenza desti la curiosità di molti appassionati e studiosi, non è tuttora chiara la sua funzione evolutiva. Alcuni studi sembrano indicare che sia legata alla percezione da parte dell’animale di determinate lunghezze d’onda, utilizzate dall’animale per regolare la sua attività circadiana. Non è escluso anche che, per quanto sia un fenomeno sorprendente, la fluorescenza non abbia alcuna funzione biologica e sia solo un “effetto collaterale” dell’evoluzione.

SISTEMATICA DEGLI SCORPIONI

I rapporti filogenetici

Gli scorpioni appartengono all’ordine Scorpiones, incluso alla classe Arachnida, che comprende ragni, opilioni, acari, pseudoscorpioni ed altri ordini minori.

I rapporti filogenetici (di “parentela”) tra i vari ordini sono tutt’ora in discussione. La morfologia generale degli scorpioni ricorda quella di altri gruppi di animali estinti, parenti degli aracnidi. Ad esempio, sono molto simili agli Eurypteridae, animali estinti a volte denominati “sea scorpions”, che dominavano la fauna marina nel Paleozoico con specie di oltre due metri di lunghezza. Date queste somiglianze, è suggestivo ipotizzare che scorpioni ed eurypteridi siano due gruppi strettamente imparentati, separati dal resto degli aracnidi. 

Tuttavia, la sagoma allungata con la “coda” posteriore e le appendici anteriori munite di chele o appendici predatorie, sono una forma funzionale che si è evoluta in diversi gruppi di chelicerati. Come gli euryperidi, infatti, anche altri gruppi estinti come i Chasmataspididi possiedono tali caratteristiche. Infatti, la forma allungata tipica degli scorpioni sarebbe il piano anatomico più ancestrale da cui si sono poi diversificati gli aracnidi.

Osservando però dettagli anatomici più specializzati, come l’apparato boccale e respiratorio, si evince che gli scorpioni appartengono senza dubbio alla classe degli aracnidi. Ciò detto, le relazioni con gli altri ordini all’interno della classe sono ancora oggetto di discussione. Infatti, alcuni particolari li accomunano a opilioni e solifugi, mentre altri suggeriscono una parentela più stretta con ragni, amblipigi ed uropigi

Gli scorpioni oggi

Scorpione marrone marocco velenoso
Fig. 9 – Androctonus amoreuxi, un Buthidae del Marocco.

Ad oggi (2021) sono descritte quasi 2600 specie diverse di scorpioni. Tale numero è in crescita, considerata la grande variabilità prima ignorata che sta venendo oggi portata alla luce. Questo è reso possibile anche grazie a studi genetici, i quali indicano spesso che specie molto simili morfologicamente sono in realtà popolazioni evolutivamente separate.

Le famiglie di scorpioni riconosciute sono 23, anche se l’esatta definizione di alcune è oggetto di dibattito tra gli studiosi e spesso oggetto di revisione.

Le famiglie sono divise in due “rami evolutivi” (cladi) principali, Buthida e Iurida, separatisi nel periodo Carbonifero oltre 300 milioni di anni fa. Il primo clade comprende solo tre famiglie, di cui due molto piccole, Chaerilidae e Typhlochactidae.  La terza la famiglia è Buthidae (Figura 9), che comprende quasi la metà delle specie di scorpioni conosciute. I rappresentanti di questa famiglia hanno sterno triangolare, chele piccole e metasoma sviluppato, oltre ad essere dotati di grande mobilità e ciclo di vita rapido. I Buthidae sono diffusi in tutto il mondo, e in essa sono incluse le specie più velenose.
Tutte le altre famiglie (Figure 10-12), circa 20, fanno parte del clade Iurida. In essa si trovano una grande varietà di forme e gli scorpioni di dimensioni maggiori (come Scorpionidae ed Hormuridae), i cui rappresentanti possono superare i 20 cm di lunghezza.

BIOLOGIA DEGLI SCORPIONI

scorpione italiano marrone che mangia
Fig. 13. Euscorpius garganicus, endemismo del sud Italia, mentre si nutre di un diplopode.

Come gran parte degli altri aracnidi, gli scorpioni sono predatori generalisti, ovvero che si nutrono di tutto ciò che possono sopraffare. Le prede possono essere insetti, scorpioni (anche stessa specie), ragni, centopiedi e altri artropodi (Figura 13). Gli esemplari di dimensioni maggiori possono occasionalmente catturare anche piccoli vertebrati. Gli scorpioni sono animali notturni, generalmente solitari, che passano gran parte del tempo immobili, nascosti sotto pietre, cortecce o in tane scavate nel terreno. Da questi rifugi escono solo per cacciare o per accoppiarsi.

Gli scorpioni, come tutti gli artropodi, avendo un esoscheletro rigido devono effettuare diverse ecdisi (mute), in cui abbandonano la vecchia cuticola, per poter aumentare di dimensioni (Figura 14).

Sono necessarie dalle 5 alle 8 mute per raggiungere l’età adulta, da cui continueranno a mutare senza senza crescere di dimensioni.

Vista

Gli occhi degli scorpioni sono molto sensibili alla luminosità, riuscendo a percepire anche differenze di luce riflessa durante la notte. Tuttavia, non hanno una struttura oculare in grado di definire immagini nitide. Sorprendentemente, gli scorpioni percepiscono la luce non solo con gli occhi, ma anche con altre parti del corpo, come il metasoma. Questa elevata sensibilità viene sfruttata per captare variazioni anche piccole di luce ambientale. In questo modo, gli scorpioni evitano di entrare in attività con la luce del giorno, ma anche durante le notti troppo rischiarate dalla luna.

Caccia e nutrizione

La caccia degli scorpioni rispecchia il generico tipo “sit and wait”, in cui lo scorpione rimane immobile all’ingresso della propria tana aspettando il passaggio delle prede. Tuttavia, può anche essere di tipo attivo, in cui l’aracnide si muove sul terreno alla ricerca di prede. Nella caccia, la vista non viene utilizzata e le prede, fino ad alcune decine di cm, vengono localizzate tramite le vibrazioni del terreno, captate con organi sensoriali posti sui tarsi delle zampe (fessure sensibili, setae tarsali). Quando le prede si trovano a distanza ravvicinata, invece, gli scorpioni ne definiscono la posizione precisa anche tramite flussi d’aria. Questi vengono captati da speciali setae sensoriali chiamate tricobotri, situate principalmente sui pedipalpi.

Le prede sono catturate e trattenute con le chele, per poi eventualmente essere avvelenate con il telson.

Utilizzo del veleno nella caccia e la digestione esterna

Va precisato che non sempre viene utilizzato il veleno per immobilizzarle e, nelle specie con le chele più grosse e con animali di ridotte dimensioni, basta la forza dei pedipalpi per sopraffarle.
Il pasto viene sminuzzato con i cheliceri, spesso partendo dalla testa, e mischiato con i succhi gastrici rigurgitati nello spazio pre-orale che si crea tra i cheliceri, i pedipalpi e le prime paia di zampe (stomotheca). I tessuti della preda vengono così pre-digeriti e liquefatti, potendo infine essere aspirati dalla bocca vera e propria. Questa è di ridotte dimensioni e permette solo il passaggio di liquidi. Le parti più dure che non vengono liquefatte, invece, vengono espulse.
Molte specie di scorpioni hanno un metabolismo particolarmente lento e questo fa sì che una preda possa soddisfare l’aracnide per settimane o anche mesi.

L’accoppiamento negli scorpioni

L’accoppiamento negli scorpioni è particolare, in quanto si ha fecondazione interna senza copula. Questa modalità rappresenta una via di mezzo tra la fecondazione esterna, carattere plesiomorfo (“antico”) tipico degli artropodi acquatici, e la copula con fecondazione interna, tipica degli di quelli che hanno colonizzato la terraferma.

Solitamente è il maschio che va in cerca della femmina e, una volta localizzata una possibile partner, tramite movimenti e vibrazioni tipici di ogni specie le comunica la propria presenza. Se anche la femmina è pronta all’accoppiamento, il maschio le afferra i pedipalpi e comincia una sorta di scenografica “danza” (promenade a deux), che può durare da alcuni minuti ad alcune ore (Figura 15). In questa, il maschio guida la femmina alla ricerca del posto adatto per l’accoppiamento. La danza è composta da movimenti ripetuti, tremolii, sfregamento delle zampe e sfregamento dei cheliceri (in una sorta di “bacio”). 

In diverse specie è anche presente il cosiddetto “sexual sting”, in cui il maschio punge la femmina col telson, solitamente nell’articolazione alla base della chela o nelle pleure laterali dell’addome. Durante la puntura non è chiaro se venga iniettato il veleno, ma sicuramente l’aggressività della femmina si riduce. Nel frattempo, il maschio tasta il terreno con gli organi a pettine, alla ricerca di una superfice adatta alla deposizione della spermatofora. Questa è una capsula chitinosa, contenente lo sperma, e viene espulsa ventralmente attraverso l’apertura genitale. Tale struttura viene attaccata su un sasso, una corteccia o altra superficie idonea. In seguito, il maschio guida la femmina sopra la spermatofora affinché questa possa inserirsi nella sua fessura genitale della partner dove sarà rilasciato lo sperma.

Cosa succede dopo l’accoppiamento?

Dopo che la fecondazione è avvenuta, la femmina può diventare improvvisamente aggressiva forzando il maschio ad abbandonare la presa e ad allontanarsi. Può capitare, infatti, che la femmina decida di recuperare nutrienti importanti per la riproduzione predando il maschio, oltre che mangiando la spermatofora, ormai vuota, lasciata sul terreno.
Negli scorpioni, il dimorfismo sessuale è legato a questa tipologia di accoppiamento. In primo luogo, i maschi hanno gli organi a pettine più sviluppati rispetto alle femmine. Inoltre, sono spesso dotati di pedipalpi più robusti o più lunghi, e/o con un caratteristico dente sul margine della chela che serve ad agganciare i pedipalpi della femmina. Nei maschi è comune anche la presenza di un metasoma allungato per agevolare l’eventuale puntura sessuale.

La particolarità dei Buthidae

In molte specie appartenenti alla famiglia dei Buthidae un accoppiamento è sufficiente a diverse riproduzioni (iteroparità), fino anche a 6 volte. Questo è possibile perchè gli spermatozoi, raccolti in un unico atto, possono essere accumulati in tessuti particolari nell’ovariutero ed utilizzati per più fecondazioni. Sono note, inoltre, diverse specie in grado di riprodursi per partenogenesi, in cui la femmina si riproduce senza necessità di accoppiamento. Questo fenomeno sembra essere abbastanza comune nella famiglia Buthidae, ed in particolare nei generi Hottentotta, Lychas, Pseudolychas, Ananteris. Da notare è il genere Tityus che contiene diverse specie partenogenetiche tra cui Tityus serrulatus, uno degli scorpioni più pericolosi del Sudamerica. Al di fuori della famiglia dei Buthidae, la partenogenesi sembra essere più rara, ma riportata per Liocheles australasiae (famiglia Hormuridae) e il genere Serradigitus (famiglia Vaejovidae).

Cure parentali

Gli scorpioni sono animali vivipari, per cui gli embrioni si sviluppano all’interno del corpo della madre, dalla quale traggono le sostanze necessarie. Per tale scopo, l’ovario si è modificato e prende il nome di ovariutero.

Dopo una gestazione che può durare da 2 a 24 mesi, la madre partorisce dei piccoli scorpioni, fino ad oltre un centinaio, già quasi completamente formati. Al momento della nascita, gli scorpioni sono di colore chiaro con il tegumento non ancora indurito. Non sono, inoltre, in grado di nutrirsi né di pungere, ed hanno i tarsi delle zampe modificati per aggrapparsi sul dorso della madre (Figura 16). Questa li trasporta e li protegge fino alla prima muta, che avviene dopo 5-30 giorni.

Dopo la prima muta?

Dopo la prima muta, i giovani scorpioni acquisiscono tutte le caratteristiche dell’adulto, diventano indipendenti e si disperdono. In alcune specie, però, si sviluppa una tolleranza, con cui più esemplari convivono a lungo (Figura 17). Questo comportamento può derivare dalle cure parentali, creando una forma di subsocialità. In essa, i giovani scorpioni possono rimanere nella tana con la madre che non solo li tollera, ma li protegge e permette loro di consumare le prede catturate.

Questa forma di tolleranza può prolungarsi nel tempo (fino ad alcuni anni), tanto che in un unico nascondiglio si possono trovare esemplari a diversi stadi di accrescimento. In alcune specie si creano gruppi di animali non imparentati tra loro che condividono rifugi e prede, ma senza una struttura sociale. Ad esempio, nei generi Heterometrus e Pandinus  vi sono specie che possono vivere in “colonie” di alcune decine di animali.

Più comune il caso di specie in cui numerosi esemplari condividono temporaneamente rifugi, senza interazioni sociali, come nei generi Centruroides e Mesobuthus. Anche habitat particolarmente ricchi di nascondigli possono ospitare numerosi esemplari in aree ristrette, in cui però ogni animale vive nel proprio rifugio, pronto a difenderlo dagli intrusi.

ECOLOGIA DEGLI SCORPIONI

Gli scorpioni, con circa 2600 specie descritte, sono diffusi su gran parte del pianeta in habitat anche molto diversi tra loro. Tutte le specie sono predatrici, e fanno parte della cosiddetta “macrofauna invertebrata”. Questo poiché gli scorpioni più piccoli sono lunghi circa 12mm da adulti, ma molto più grandi degli altri invertebrati presenti in un determinato habitat. 

scorpione posa difensiva pronto a puntura
Fig. 18 – Opistophthalmus pallipes in posizione difensiva

Gli scorpioni sono cacciatori generalisti e la gran parte delle prede è rappresentata da altri artropodi come insetti, aracnidi, miriapodi, isopodi terrestri e altri scorpioni anche conspecifici.

Gli scorpioni sono a loro volta predati da molti altri animali tra cui altri aracnidi, grossi insetti predatori, piccoli mammiferi, uccelli e rettili. La prima strategia di difesa che hanno contro i predatori consiste nel rifugiarsi nei propri nascondigli, proteggendosi con i pedipalpi. Al di fuori della tana possono eseguire display di difesa per spaventare l’aggressore, in cui allargano le chele e sollevano il metasoma (Figura 18). Molte specie possono anche emettere sibili e soffi di avvertimento, ottenuti tramite sfregamento dei cheliceri, delle basi dei pedipalpi, dei pettini o del telson. Le specie più mobili sono più propense a pungere per difesa. Alcune specie come Parabuthus e Hadrurus, inoltre, sono in grado di spruzzare veleno fino a qualche decina di cm.

Distribuzione Geografica

Gli scorpioni sono presenti in tutti i continenti, ad eccezione dell’Antartide e delle zone più fredde dell’emisfero boreale. Il limite settentrionale è poco oltre i 50° di latitudine, sia in nord America, in cui Paruroctonus boreus è l’unica specie segnalata in Canada, che in Eurasia, in cui il record è detenuto dalla specie asiatica Mesobuthus eupeus.

Scorpione marrone alpi alta montagna
Fig. 19 – Alpiscorpius alpha, diffuso sulle alpi fino oltre i 2000 metri di quota.

Tetratrichobothrius flavicaudis è segnalato a latitudini simili anche in Gran Bretagna. Qui, però, è verosimilmente arrivato trasportato dall’uomo, ed è presente solo in zone antropizzate e tendenzialmente più calde. Questo indica una predilezione di questi animali per zone calde o temperate. Esistono però eccezioni, rappresentate da alcune specie distribuite anche in zone montane con climi molto rigidi. Ad esempio, si possono trovare scorpioni nelle regioni alpine europee, dove superano i 2200 metri di quota con il genere Alpiscorpius (Figura 19). Si possono anche trovare scorpioni sui rilievi himalayani ed andini, nei quali i generi  Chaerilus, Scorpiops ed Orobothriurus possono essere presenti oltre i 4500 metri di altitudine.

Habitat e specializzazioni

scorpione italiano nero nascosto terra sud italia
Fig. 20 – Euscorpius concinnus nascosto nelle fratture del terreno.

Gli scorpioni sono diffusi un po’ in tutti gli ambienti che permettano loro di trovare sufficienti nascondigli. Una caratteristica comune a tutte le specie, infatti, è quella di passare la maggior parte del tempo immobili, nascosti in un anfratto (Figura 20). Solitamente sfruttano gli spazi sotto le pietre, nelle crepe tra le rocce, sotto le cortecce degli alberi, ma anche manufatti umani come muretti a secco, ruderi, costruzioni in legno o muratura che presentino fessure. Molte specie scavano nel terreno lunghe tane, fino anche a due metri di profondità, utilizzando le zampe, i pedipalpi o il metasoma (la “coda”). Queste, si possono trovare nel terreno umido delle foreste, in terreni sabbiosi dei deserti e anche in quelli argillosi duri e compatti, che vengono sgretolati con i cheliceri.

Una tale varietà di ambienti colonizzati comporta diversi adattamenti morfologici. Ad esempio, le unghie sulle zampe saranno corte ed arcuate per arrampicarsi sulle rocce (Hadogenes, Opisthacanthus) ma lunghe e dritte in specie che non devono sprofondare quando si muovono sulla sabbia (Buthacus, Smeringurus, Leiurus) (Figura 21). 

Gli scorpioni che vivono tra le fronde degli alberi o sugli arbusti hanno zampe ed appendici allungate e colori criptici, come nei generi Tityus, Centruroides, Isometrus, Lychas (Figura 22). Ancora, esemplari scavatori sono caratterizzati da una struttura robusta con chele grosse e zampe corte e potenti (Figura 23), come in Scorpio, Opistophthalmus, Pandinus,Heterometrus mentre le specie adattate a vivere negli angusti spazi tra le rocce o sotto le cortecce hanno un corpo appiattito (Figura 24), come Hadogenes, Euscorpius, Liocheles, e così via.

Tutti questi adattamenti morfologici, però, sono solo variazioni più o meno limitate di un unico piano anatomico piuttosto uniforme, stabile da centinaia di milioni di anni, e prova del successo evolutivo di questi animali.

Dai deserti fino alle foreste pluviali, ma anche nelle grotte

Gli scorpioni sono presenti nelle foreste equatoriali umide, negli ambienti temperati, nelle zone a clima continentale come le steppe asiatiche fino ad habitat tipicamente costieri. Alcune specie, come Serradigitus littoralis, sono specializzate a vivere nelle zone intertidali delle spiagge, che vengono periodicamente sommerse dalle maree. Sono inoltre conosciute diverse specie troglobie, adattate alla vita nelle grotte. Ad esempio, Alacran tartarus è stato rinvenuto in corpi d’acqua sotterranei fino a 800 metri di profondità, il che potrebbe indicare per questa specie un adattamento anche alla vita acquatica.

È nelle zone desertiche subtropicali più aride e difficili del pianeta che, però, gli scorpioni sono spesso il gruppo di invertebrati predominante, sia come numero di specie che come biomassa. Il loro stile di vita, infatti, permette loro di evitare le condizioni ambientali più estreme nascondendosi nei loro rifugi, ed entrando in attività solo nei periodi più favorevoli, come la notte o le stagioni umide.

Il metabolismo degli scorpioni

scorpione scavatore marrone sudafrica
Fig. 23 – Opistophthalmus sp., tipico genere di scorpione scavatore endemico del Sudafrica.

Un’altra importante caratteristica che permette loro di sopravvivere dove altri non potrebbero è il metabolismo lento. Infatti, in alcune specie il livello di attività metabolica è tra i più bassi dell’intero regno animale. Ciò significa che gran parte dell’energia che gli scorpioni possono ottenere da una preda viene immagazzinata nell’organismo e sfruttata per le funzioni vitali. Oltre a permettergli lunghi periodi di digiuno, anche di diversi mesi, il metabolismo lento ed efficiente degli scorpioni è alla base della loro sopravvivenza in ambienti poveri di prede. Qui, gli scorpioni raggiungono densità di popolazione eccezionali. 

Un meccanismo curioso che permette di spiegare tali densità implica il cannibalismo: dove sono molto numerosi, una quota importante delle prede degli esemplari più grossi è rappresentato da esemplari più giovani della stessa specie. Questi, date le loro differenti dimensioni hanno accesso a prede che non potrebbero essere direttamente sfruttate dagli esemplari adulti, ampliando di fatto la nicchia trofica e la quantità di risorse utilizzabili da una specie.

Suddivisione degli scorpioni in base all’ecologia

scorpioni piatti delle rocce scorpione africano marrone
Fig. 24 – Hadogenes paucidens, scorpione dell’africa meridionale dalla forma appiattita che gli permette di vivere tra le fessure delle rocce.

Le specie di scorpioni possono essere divise in due tipologie ecologiche. La prima, rappresentata dalla maggior parte delle famiglie, comprende le specie la cui biologia è ottimizzata per l’utilizzo delle risorse ecologiche di una particolare nicchia. Queste specie hanno un ciclo vitale prolungato, e quando si riproducono danno alla luce un numero relativamente ristretto di piccoli di dimensioni cospicue, che vengono accuditi a lungo. Si tratta di animali che vivono in ambienti stabili nel tempo, in cui occupano un ben preciso microhabitat e dove il fattore limitante è la competizione per le risorse con altre specie.

La seconda tipologia, invece, è rappresentata dalla grande famiglia dei Buthidae. In essa, le specie si definiscono ad ecologia di tipo opportunistico e sono adattate a colonizzare rapidamente nuovi habitat, anche temporanei, disturbati e degradati. In questi i fattori limitanti sono di tipo abiotico, come climi molto variabili, ambienti instabili, anche con forte disturbo antropico. Tali specie di scorpioni hanno una crescita rapida, si riproducono velocemente e danno alla luce molti piccoli, si adattano a diversi ambienti e hanno grande mobilità. 

Non è un caso che le specie più pericolose per l’uomo abbiano questo tipo di ecologia; la funzione primaria del veleno è infatti legata alla caccia, ma nelle specie ad elevata mobilità, molto più esposte a contatti con predatori e pericoli, il veleno diventa importante anche come arma di difesa. Gli scorpioni di queste specie, infatti, sono molto più propensi a pungere non appena si sentono minacciati. La combinazione di mobilità, potenza del veleno e propensione alla difesa sono quindi alla base della effettiva problematica che gli scorpioni pericolosi pongono in alcune regioni del mondo.

GLI SCORPIONI IN ITALIA

In Italia sono segnalate ad oggi (2021) 25 specie di scorpioni, nessuna delle quali dotata di una puntura pericolosa. Sono, anzi, specie molto timide e schive, per niente inclini a pungere e dal veleno molto blando, che provoca al massimo lieve dolore locale.

livrea scura di alcuni scorpioni italiani
Fig. 25 – Euscorpius italicus, scorpione diffuso nel centro-nord Italia.

Tra le famiglie di scorpioni italiane, Euscorpiidae è la più importante con ben 23 specie segnalate. Fino a pochi anni fa erano tutte considerate appartenenti al genere Euscorpius, suddivise in diversi sottogeneri, che sono stati recentemente elevati a status di generi. Questa famiglia ha colonizzato la nostra penisola dalla penisola balcanica, dove si riscontra la maggiore varietà di specie. Sono scorpioni di piccole dimensioni, amanti delle zone ricche di pietre e nascondigli ombrosi.

Il genere Alpiscorpius è rappresentato da 6 specie di piccole dimensioni, circa 3 cm di lunghezza, di colore marrone scuro e lucido, molto simili tra loro morfologicamente. Diffuse in nord Italia, come suggerisce il nome sono tipiche di ambienti montani ed alpini, fino ad oltre 2200 metri di quota.

Il genere Tetratrichobothrius è rappresentato dalla specie Tetratrichobothrius flavicaudis, diffusa sul versante tirrenico della penisola e in Sardegna. Questo scorpione, che si trova spesso anche in ambienti antropici, raggiunge i 4,5 cm di lunghezza, con il corpo di colore scuro, ma zampe e telson giallastri.

Una specie molto interessante descritta recentemente è Sardoscorpius troglophilus, appartenente alla famiglia Belisariidae e scoperto in ambiente di grotta in Sardegna. Si tratta di una specie la cui biologia è ancora in larga parte sconosciuta, e sembra essere affine al genere Belisarius, diffuso sui Pirenei.

In Sicilia è segnalata anche una specie della famiglia Buthidae, Buthus trinacriae, la cui effettiva presenza è dubbia, in quanto la segnalazione è stata effettuata su vecchi esemplari conservati in museo e mai confermata in natura.

Il genere Euscorpius

Il genere Euscorpius è il più eterogeneo, e comprende 15 specie. Ad esempio, E. italicus è diffuso in Italia centro-settentrionale, dalla costa adriatica fino alla pianura padana, ed è lo scorpione italiano di maggiori dimensioni, fino a 5 cm di lunghezza, di colore scuro e molto sinantropico (Figure 25).

Le altre 14 specie del genere Euscorpius sono molto più varie, generalmente di dimensioni minori, di colore variabile dal bruno chiaro (Figura 26) al nero uniforme, e si riscontrano sia in ambienti antropici che in ambienti naturali più indisturbati. Le diverse specie del genere sono diffuse in tutta Italia, Sardegna e Sicilia comprese. Diverse specie sono endemiche.

IL VELENO DEGLI SCORPIONI

Una delle caratteristiche più note e distintive degli scorpioni è la loro velenosità, tanto che perfino nella mitologia greca è lo scorpione che, in una delle versioni del mito di Orione, riesce ad uccidere il gigante cacciatore.

veleno coda pungiglione scorpioni italiano
Fig. 27 – Si può notare una goccia di veleno sull’aculeo.

In realtà la pericolosità di questi animali viene spesso ingigantita. Infatti, nonostante tutte le specie conosciute siano dotate di veleno e pungiglione (Figura 27), la maggioranza di esse non rappresentano un pericolo per gli uomini.
Il veleno è infatti utilizzato principalmente per sopraffare le prede ed ha solitamente un effetto piuttosto blando su animali di dimensioni maggiori. Inoltre, gli scorpioni non sono animali aggressivi, avendo abitudini schive e rifugiandosi se minacciati.

Le specie più pericolose, quasi tutte appartenenti alla famiglia dei Buthidae, sono solite spostarsi sul terreno, e sono più propense a difendersi pungendo. Anche in questi casi le punture sono sempre accidentali, ma è più facile venire in contatto con gli animali. A volte si dice che le specie pericolose sono dotate di chele piccole e metasoma robusto, mentre le specie innocue avrebbero chele grandi e coda esile. È una regola molto generale, ma non sempre valida: la maggior parte degli scorpioni dotati di chele ridotte non sono pericolosi, ed esistono alcune specie dal veleno potente che hanno chele di dimensioni cospicue, come Hemiscorpius.

Gli scorpioni di rilevanza medica

I generi noti in letteratura per causare decessi o gravi avvelenamenti sono pochi: Centruroides Tityus in America centro-meridionale; Androctonus, Buthus Leiurus in Nordafrica e vicino oriente; Parabuthus in Sudafrica; Hottentotta in Africa, Medio Oriente ed India; Mesobuthus in Medio Oriente. Gli unici generi di scorpioni di rilevanza medica non appartenenti alla famiglia dei Buthidae sono Hemiscorpius in Medio Oriente e Nebo in Nordafrica.
Alcune delle specie più pericolose sono distribuite in zone densamente abitate, in cui le precarie condizioni economiche e un sistema ospedaliero debole li rendano un problema sanitario. Per questo motivo, si contano globalmente migliaia di decessi ogni anno, anche se i dati al riguardo sono spesso imprecisi e lacunosi.

Composizione, tipologie ed effetti del veleno

Il veleno è una complessa miscela di sali, peptidi e proteine, e una singola specie ne può produrre diversi tipi a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto (difensivo o predatorio).
Nei Buthidae la sua pericolosità è data dall’azione neurotossica, mentre in Hemiscorpius e Nebo da quella  di tipo citotossico ed emolitico.

Per la maggior parte degli scorpioni i sintomi di un avvelenamento sono prevalentemente locali e possono durare da pochi minuti a diverse ore. Dolore locale, bruciore alla pelle e irritazione sono sicuramente i più comuni. Sono più rari, invece, i sintomi sistemici come sudorazione, tachicardia, ipertensione e pallore. Questi, dipendono anche dalla condizione fisica della vittima e dalla zona della puntura.  Nei casi d’intossicazione più gravi insorgono effetti cardiovascolari e respiratori, che in rari casi possono portare alla morte.

Estrazione del veleno da uno scorpione per ricerca in ambito medico
Fig. 28 – Estrazione del veleno da uno scorpione. Negli ultimi anni lo studio del veleno per fini medicali è molto progredito.

Anche se la tossicità del veleno può essere molto alta, le piccole dosi iniettate fanno sì che, anche nelle specie più pericolose, per una persona adulta ed in salute l’esito fatale sia raro. Infatti, i soggetti più a rischio sono i bambini e le persone già debilitate.

Solitamente il trattamento medico dell’avvelenamento è di tipo sintomatico e solo per poche specie viene prodotto un siero antiveleno. Il suo uso, però, non è esente da rischi ed è riservato al trattamento dei casi più gravi e sempre sotto il controllo di un medico.

Usi del veleno e leggende

Il veleno degli scorpioni è molto studiato, sia per la sua pericolosità, ma anche in quanto fonte di numerosi composti che possono avere effetti interessanti dal punto di vista farmacologico. Infatti, il veleno degli scorpioni viene studiato per lo sviluppo di farmaci analgesici, antibatterici ed antitumorali.

Una leggenda curiosa vuole che gli scorpioni, se messi alle strette, come ad esempio in un cerchio di fuoco, si suicidino pungendosi con il loro stesso telson. Non si può escludere che uno scorpione circondato dalle fiamme possa pungersi accidentalmente, ma gli scorpioni sono immuni al proprio veleno. Inoltre, alcune specie in caso di pericolo emettono uno stridio di avvertimento sfregando il telson sul dorso, comportamento che può far pensare a tentativi di auto-avvelenamento.

REFERENZE

  • Polis, G. A.; 1990; The Biology of Scorpions, Standford University Pr, 614 pagine.
  • Peña-Guzmán, D. M., Can nonhuman animals commit suicide? Animal Sentience, 20(1), 2017.
  • Soper, C.A., Shackelford, T. K., If nonhuman animals can suicide, why don’t they? Animal Sentience, 105, 2018.
  • Murayama, G. P., Willemart, R. H., Are trichobothria used in terrestrial prey captureby the yellow scorpion Tityus serrulatus Lutz & Mello, 1922 (Buthidae)? Arachnology, 18(3), 2019, 287-290.
  • Gopalakrishnakone, P., Scorpion Venoms, 2015, Springer.
  • Lourenco, W., Scorpions and life-history strategies: from evolutionary dynamics toward the scorpionism problem, Journal of Venemous Animal and Toxins Including Tropical Disease, 24:19, 2018.
  • Evans E. R. J., Northfield T.D., Daly N.D., Wilson D.T., Venom Costs and Optimization in Scorpions. Frontiers in Ecology and Evolution mini review 2019
  • Ythier E., Stockmann R., Scorpions of the world, NAP edition 2010
  • The Scorpion Files – https://www.ntnu.no/ub/scorpion-files/ 
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